Festa della Repubblica, Contigiani: «Giovani protagonisti»
Ancona-Osimo

Festa della Repubblica, Contigiani: «Il 2 Giugno è una casa aperta sul futuro, festa dei giovani e della responsabilità»

La storica del diritto all’Università di Macerata sottolinea il significato storico e sociale della festa, un momento per riflettere sul ruolo delle nuove generazioni nella costruzione della Repubblica

Frecce tricolori
Frecce tricolori

«Il 2 Giugno è soprattutto la festa dei giovani, è anche la festa di tutti», ma in primo luogo «è delle nuove generazioni, perché nel 1946, chi ha combattuto e pensato allo Stato Repubblicano, voleva aprire una porta sul futuro». È il messaggio rivolto ai giovani dalla professoressa Ninfa Contigiani, storica del diritto all’Università di Macerata e docente di storia della legislazione sociale nel corso di laurea per i Servizi sociali. «La Festa della Repubblica è una ‘casa’ aperta sul futuro – dice -, è la giornata in cui le giovani generazioni devono scegliere il modo di stare insieme, i valori e compiere uno sforzo di crescita comune e di sviluppo».

Professoressa che significa oggi celebrare la Festa della Repubblica? «La Repubblica è frutto di un percorso di scelta compiuto dalla popolazione italiana. Furono 28 milioni gli elettori che hanno scelto se essere protagonisti responsabili di una ‘res publica’, una comunità, uno Stato, o se farsi rappresentare da un monarca, una figura legittimata da simbolismi e criteri che non erano più vicini alla realtà delle cose. In 12.718.641 scelsero la Repubblica, il 54% degli italiani e delle italiane. Celebrare il 2 Giugno oggi significa celebrare questa scelta comune, compiuta anche dalle donne, alle quali nel febbraio del ’45 fu riconosciuto il diritto al voto politico. Le donne votarono per la prima volta al referendum, eleggendo le 21 donne che parteciparono poi alla stesura della Costituzione con contributi notevoli. La Festa della Repubblica ci ricorda un momento fondativo in cui ci siamo assunti una responsabilità di una scelta e in cui abbiamo deciso, in prima persona, di far parte della crescita del nostro Paese. Un passaggio assolutamente importante. Macchiavelli, diceva che scegliere la forma repubblicana è scegliere di vivere insieme sotto le stesse leggi, considerando questo il vero amor di Patria».

È la festa del vivere comune: oggi ha senso parlare ancora di vivere comune?
«Assolutamente sì, a maggior ragione nel momento in cui siamo dentro una dimensione globale che significa arricchirci di confronto con tante altre culture e modi di vita. C’è bisogno anche di stringere i legami della propria comunità, di darsi forza nella vita quotidiana, sotto regole, valori e leggi condivise nella dimensione statale. Un vivere comune che cambi di significato e che deve stringere i legami di solidarietà. Nel mondo globale, che crea un’ansia di frammentazione degli interessi che si moltiplicano, ci vuole un vivere comune che è legame di solidarietà. Il legame di riconoscimento e protagonismo che gli italiani hanno scelto il 2 Giugno, con la fondazione della Repubblica va rafforzato nel momento in cui agiamo nella dimensione globale».

Come si inserisce l’autonomia a cui puntano alcune Regioni?
«L’autonomia è un concetto che non vorrei stigmatizzare come negativo, tutt’altro, può essere segno di una valorizzazione reciproca se appoggia su una base comune. Siamo un Paese ricchissimo di tradizioni, di spunti culturali e di una storia sociale diversa che non va dimenticata o trascurata, perché siamo ‘Noi’, tutto questo insieme è diventato la Repubblica italiana dopo la fine della guerra. Le comunità delle regioni italiane hanno una loro specificità, che non va brandita per spezzare il legame di solidarietà del Paese. L’autonomia non va bene se diventa una fuga in avanti di alcune parti della comunità. Deve essere un’integrazione, una qualificazione, un arricchimento. In un mondo globale occorre farsi sempre più grandi e speciali, non più piccoli, perché il piccolo va in sofferenza».

Qual è il valore di questa giornata che oggi assume una maggiore attualità?
«Come cittadini dovremmo riflettere sul 2 Giugno per ripensare il nostro ruolo. La storia d’Italia racconta di un Paese nato su grandi differenze, una parte del Paese ha già dovuto riguadagnare un’inclusione, un riconoscimento dei diritti, anche per via conflittuale, ma oggi, il 2 Giugno ci deve far comprendere l’attualità della Repubblica democratica e democrazia è essere portatori di diritti e doveri: non si possono solo rivendicare diritti, perché la Repubblica è fondata sulla reciprocità, un legame continuo che ci mette in solidarietà e promozione reciproca. L’attualità di questa giornata è ricordarci che siamo in un legame di diritti e doveri: la Repubblica è per noi, ma noi facciamo la Repubblica. Non ci può essere unilateralità nei confronti dello Stato».