ANCONA – «L’astensionismo si conferma di gran lunga la prima forza politica italiana». Una riflessione, quella del professor Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università Politecnica delle Marche, che arriva a seguito dell’esito dell’Election day. Un appuntamento che ha visto la metà dei marchigiani non recarsi ai seggi per le europee (54,56%). Per il sociologo il fenomeno dell’astensionismo è «il riflesso di quello che sta avvenendo in politica» dove la classe dirigente «è sempre più in difficoltà a riannodare gli interessi collettivi, e sempre più impegnata a produrre campagne elettorali permanenti» che conducono «alla disaffezione dalla politica».
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Il professor Orazi fa notare che tutto sommato l’astensione dal voto può anche costituire un vantaggio per la politica che «oggi ragiona e opera sempre di più come un’azienda. I politici in apparenza si stracciano le vesti – dice – di fronte all’astensionismo, ma sotto sotto si fregano le mani perché dimezzare i votanti rende meno complesso il plafond sul quale si va ad operare e più semplice attuare strategie».
Per il sociologo la politica, «in tutto l’arco istituzionale, dovrebbe ripensare il suo ruolo in un’ottica che non sia quella propria dei ‘venditori’: la situazione internazionale è drammatica a causa dei conflitti, mentre nel Paese ci sono problemi sociali e ambientali da affrontare. Serve una politica alta, mentre a tutti i livelli la classe dirigente fa marketing politico, finendo per ridicolizzarsi».
Insomma l’astensionismo «non rappresenta un ritiro individualistico e menefreghistico dei cittadini dalla politica: io stesso ho avuto dubbi sull’andare o meno a votare. Il problema è che gli elettori non si sentono più rappresentati dai partiti politici e questo crea una disaffezione che alla lunga mina il principio di rappresentanza e anche la vita democratica. Questo non significa che ci ritroveremo con totalitarismi – puntualizza -, ma che si accentua sempre di più lo scollamento già marcato tra politica e società, che porterà ad un punto di caduta».
La priorità della politica è quella, secondo il sociologo, di stabilire delle linee programmatiche per il rilancio dell’Italia e dell’Europa, non solo come realtà monetaria, ma come punto di convergenza che possa portare ad affrontare le questioni strutturali.
Come recuperare? «La politica deve fare meno marketing e pensare di più alle necessità economiche, sociali e culturali del Paese. Non bisogna parlare alla pancia, ma iniziare a parlare scaldando i cuori, che significa restituire centralità agli ideali» che nel tempo sono andati persi. I problemi, conclude, «i problemi dell’Europa e dell’Italia, vanno affrontati con etica rinnovata e con competenza».