FABRIANO – Attivazione urgente di un tavolo di crisi istituzionale al ministero delle Imprese e del Made in Italy, con la presenza del ministro Adolfo Urso, per una serie di criticità che riguardano il Gruppo Fedrigoni. La richiesta giunge dalle segreterie regionale Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil supportate dalle stesse segreterie nazionali di categoria. «È necessario garantire trasparenza sulle scelte aziendali, vincoli chiari sugli investimenti e tutele concrete per i lavoratori. La tenuta industriale, occupazionale e sociale dei siti marchigiani non può essere affidata a logiche di bilancio o a decisioni unilaterali assunte a distanza. Come sindacati, confermiamo la nostra disponibilità al confronto, ma ribadiamo con fermezza che il tempo delle promesse è finito: ora servono atti concreti, coerenti con la storia, il valore e le competenze che il territorio marchigiano ha saputo esprimere per decenni», le dichiarazioni congiunte delle parti sociali.
I nodi
A seguito delle assemblee svoltesi negli stabilimenti di Fabriano del Gruppo Fedrigoni, i sindacati esprimono forte preoccupazione per il futuro dell’Area Marche. Le principali criticità emerse riguardano la macchina F3, già da tempo inattiva, «che verrà smantellata e venduta, chiudendo definitivamente ogni possibilità di rilancio produttivo su quella linea storica»; il reparto E-Close non garantisce margini e volumi adeguati; a fine giugno sarà sospeso il ciclo notturno, «con il rischio di collocazione in cassa integrazione o interruzione dei contratti per i molti lavoratori in somministrazione, che rappresentano oltre il 90% della forza lavoro del reparto». Le due turbogas, un tempo in grado di produrre energia anche per l’Enel, «è stata fermata, e una delle due unità sarà con ogni probabilità ceduta, con ripercussioni anche sull’organico tecnico dedicato e limitando così energia e vapore anche per il futuro di altri possibili processi produttivi». È stato annunciato che solo il 20% degli investimenti nazionali sarà destinato all’Area Marche, con interventi mirati principalmente al ripristino di vecchi macchinari nel reparto Sicurezza. «Si tratta di un’inversione strategica che riduce Fabriano da polo d’eccellenza internazionale a realtà marginale e terzista. In particolare, nonostante l’annuncio di ulteriori inserimenti di lavoratori nel settore delle carte di sicurezza, non vi è ad oggi un piano concreto di sviluppo, né un riequilibrio territoriale che possa garantire continuità produttiva e occupazionale per i lavoratori della Regione», concludono i sindacati.