Ancona-Osimo

Hopnn, lo street artist che ama la cucina. Un libro dopo le opere di piazza Ugo Bassi e Capodimonte: «Ricette in cambio di murales»

Classe '81, marchigiano di Chiaravalle, Yuri (Hopnn) Romagnoli vive e lavora a Lione, ma è cresciuto artisticamente prima a Roma, dove ha frequentato l’accademia di belle arti e poi a Parigi dove ha vissuto e lavorato fino al 2014

Hopnn e uno dei suoi murales più belli ad Ancona

ANCONA – ˈGraffiti per pranzoˈ, si chiama così il nuovo libro di Yuri Romagnoli, in arte Hopnn. E se ancora il suo nome non vi dice nulla, beh, date uno sguardo al capolinea dei bus di piazza Ugo Bassi. O buttate un occhio al Museo della città. O, ancora, cercate sul web il festival di AnconaCrea.

Lui, con bombolette e utensili vari, c’era sin dall’inizio del festival AnconaCrea, divenuto ormai un must per la città di Ancona. Conosciuto in tutta Europa, Romagnoli è originario di Chiaravalle. Classe 1981, vive e lavora a Lione, ma è cresciuto artisticamente prima a Roma, dove ha frequentato l’accademia di belle arti, poi a Parigi dove ha vissuto e lavorato fino al 2014. A Firenze, ha vissuto fino al 2019.

Di cosa tratti il suo libro, lo spiega lui stesso: «Somiglia ad un libro di cucina, ma non è proprio un libro di cucina» spiega mentre da Lione sta tornando verso Ancona. Un diario di viaggio tra street art e delizie gustose per il palato. «È un riassunto, una mappatura di ricette tipiche fatta da un artista goloso in giro per l’Italia. È una raccolta di incontri fatti in tre anni di viaggi, dal 2017 al 2020, di tanti muri dipinti e di tavole imbandite, di nuovi sapori, ma anche di amicizia. Questo libro è un ibrido, un mutoide, è fluido, per usare un termine supercool» – scherza.

«Graffiti per pranzo nasce dalla mia curiosità. Ho sempre avuto fame». Di cosa? «Di cose buone, di sapere e di capire per poi condividere quello che avevo imparato. Io so dipingere e amo mangiare. Ho proposto un baratto, una ricetta per un muro. Chi ha partecipato agli scambi raccolti in questo libro sa cucinare e ama la pittura. Nel baratto si trova la chiave di lettura di questo libro. Ho deciso di usare lo stesso spirito di condivisione che mi spinge a lasciare in strada un mio murale – prosegue Hopnn –. Un dipinto fatto nello spazio pubblico è di tutti, popolare come una ricetta tramandata oralmente. Questo parallelo, forse un po’ romantico, mi ha spronato ad allargare la mia curiosità e a farne un progetto più ampio, di tutto ciò questo libro è la testimonianza».

Ma quando nasce la passione per la cucina? «In realtà, mi accompagna da sempre. In ogni città o paese in cui mi trovo, vado alla ricerca del piatto tipico, della particolarità che lo rende speciale. Che sia per lavoro o per vacanza, quando mi trovo in un posto nuovo, il primo giro lo dedico ai forni per assaggiare il pane. La farina, la quantità di sale e di lievito, la forma. Il pane racconta la storia e il quotidiano».

Uno dei murales di Hopnn al capolinea dei bus di piazza Ugo Bassi, ad Ancona

E pensare che prima della cucina, il bravissimo Hopnn ha iniziato proprio coi graffiti: «Era il 1996, poi ho scoperto il muralismo e mi sono appassionato a questa arte pittorica». Anche lui ha contribuito a fare di Capodimonte, storico quartiere anconetano, un vero museo a cielo aperto, con opere e colori ovunque. Sue le partecipazioni ai festival uban art in Italia e in Europa.

Nella capitale è cofondatore della galleria d’arte Laszlo Biro, con cui ha collaborato per due stagioni, gestendo il laboratorio di serigrafia e stampando tutte le grafiche dei vari artisti che esponevano in galleria. Ha partecipato alle più importanti esposizioni collettive ed eventi artistici sui muri romani. Parallelamente alla sua attività artistica è da sempre impegnato nella promozione dell’arte urbana nelle scuole.

Ma torniamo ai galeotti viaggi… Il primo tour in una città nuova è nelle panetterie. E il secondo? «La seconda tappa è al bar. Non è facile trovare quello giusto, ma, se si è fortunati e si incrocia il personaggio chiave che tutti conoscono e si aprono le porte per nuovi contatti nel quartiere. Questi personaggi sono fondamentali per tessere una rete di relazioni e scoprire le abitudini culinarie locali».

Per la nascita del libro, fondamentali i social: «I miei post per cercare contatti nelle varie regioni recitavano più o meno così: Graffiti per pranzo cerca contatti in (nome della regione). Offro murale in cambio di ricetta tipica, se interessati seguite il link o taggate qualcuno a cui potrebbe interessare. Cosi è iniziato il mio lavoro di pianificazione, cercando di fare più tappe possibili per raccogliere ricette diverse nello stesso territorio. Allegavo ai miei post la foto di un puzzle di mia figlia».

Anche a Capodimonte per il festival “AnconCrea”

Social ma non solo. Perché la migliore tecnica di marketing è il passaparola, utile persino a creare un libro: «Tutti i tour e le tappe sono stati possibili grazie al passaparola – riflette l’artista –. Sono riuscito ad arrivare in paesi nascosti nelle campagne del profondo Sud, o sotto il Monte Bianco. Serviva ospitalità, chi mi ospitava doveva trovare un muro e qualcuno che mi insegnasse una ricetta».

«Non ho mai chiesto soldi in cambio dei muri fatti per questo libro ed i tour erano tutti autofinanziati – precisa l’autore –. Per pagarmi i biglietti del treno, ho proposto e realizzato mostre mercato, banchetti delle mie autoproduzioni e workshop di serigrafia. In alcuni casi il Sindaco si è offerto di pagarmi il biglietto, in altri ho approfittato di lavori che mi venivano commissionati o di festival a cui ero invitato per viaggiare e portare avanti ˈGraffiti per pranzoˈ».

Le ricette, Romagnoli le associa spesso alle canzoni, che ascolta mentre cucina. «Ci sono le ricette legate alle feste e ai ricordi, come ˈLe 140 arancine di Santa Luciaˈ». Nonostante sia profondamente ateo, per gola rispetto questa festività religiosa. Per me, è legata al ricordo della festa che ogni anno una mia cara amica organizza a casa sua e l’ultima volta abbiamo fritto davvero 140 arancine».  

E poi ci sono le ˈquasi ricetteˈ: «Baldassarre è il mio barista preferito, il suo modo di preparare il caffè è un rituale, sempre identico, che non posso tralasciare. È più un ricordo che una ricetta, ma questo libro è fatto anche di questo». 

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