Ancona-Osimo

Rigopiano, udienze rinviate. Il fratello di una delle vittime: «Lottiamo come ucraini per difendere idee e cari»

A parlare Alessandro Di Michelangelo, fratello di Dino, una delle 29 vittime rimaste sotto le macerie dell'Hotel Rigopiano di Farindola

ANCONA – «Dopo 6 anni di udienze preliminari, 15 rinvii e la promessa di arrivare a sentenza entro la fine dell’anno, ci si era illusi di arrivare finalmente alla fine di questa odissea giudiziaria». Lo dice Alessandro Di Michelangelo, fratello di Dino, una delle 29 vittime rimaste sotto le macerie dell‘Hotel Rigopiano di Farindola, per lo slittamento dell’udienza nel tribunale di Pescara per lo sciopero degli avvocati del foro di Avezzano, L’Aquila, in protesta per la carenza di personale.

Le nuove udienze erano calendarizzate dal 26 al 28 ottobre, con il rinvio si tornerà in aula il 9 novembre, con la discussione della superperizia eseguita dagli esperti del Politecnico di Milano. Dino Di Michelangelo, originario dell’Abruzzo (Chieti) era residente in Osimo dove prestava servizio come poliziotto nel Commissariato locale: si trovava a Rigopiano dove era in vacanza con la moglie e il figlio, quando l’hotel fu travolto e sotto le maceri trovarono la morte lui e la moglie, mentre il figlio Samuel fu l’unico a salvarsi.

Dino Di Michelangelo

Da quel 18 gennaio 2017, quando l’hotel fu travolto e distrutto da una valanga, i famigliari delle vittime attendono giustizia e sulla pagina Facebook “Rigopiano, in attesa del fiore”, comitato nato tra i parenti e amici delle vittime della tragedia, si sono detti «amareggiati, arrabbiati e profondamente delusi» per il rinvio.

L’appello di Alessandro Di Michelangelo è a fare presto. «La fiducia nella giustizia e la consapevolezza che nonostante il tempo che sta passando, tutto il lavoro svolto dalla procura, dai periti e dai legali prima o poi porterà i risultati sperati da una parte; dall’altra però il pensiero di ulteriori rinvii ci fa ripiombare nell’incertezza e nello sconforto. Quanti padri e quante madri, nonni e nonne riusciranno a vedere la fine di questa pagina giudiziaria nelle sue tre fasi previste dal nostro ordinamento? Questa è la paura, ma nonostante ciò non ci arrendiamo e continuano a lottare e a sperare che anche nelle menti e nell’anima di chi siede dall’altra parte del banco di un aula, desideri vedere la fine di questo processo anche per loro stessi e riuscire a dimostrare la propria innocenza o colpevolezza nel rispetto della dignità umana, per tutti: vittime, famigliari e imputati».

Alessandro Di Michelangelo, fratello di Dino rimasto ucciso nella tragedia di Rigopiano

«Questi ritardi e lungaggini – dice -, non giovano a nessuno. Faccio quindi un appello a tutte le parti: ristabilire serenità a questo processo e soprattutto una celere definizione, rispettando si tempi e procedure previste, ma rispettando anche il dolore di chi si è ritrovato suo malgrado e non per colpe proprie all’interno di questo meccanismo chiamato giustizia».

«Io e la mia famiglia – aggiunge – continuiamo ancora a credere nella giustizia e continueremo a lottare ogni giorno con dignità e coraggio per arrivare alla verità e alla pace, come lotta ad esempio in questo momento storico il popolo ucraino che sta combattendo per la propria verità e vita e per la giustizia senza arrendersi mai nel difendere le loro idee e i propri cari, così faremo».

Sentito in merito alla sentenza del tribunale de L’Aquila secondo cui ci fu “concorso di colpa delle vittime” nel crollo di un palazzo in seguito alle scosse sismiche del 2009, sul fatto se potesse avere timore che la sentenza possa fare da apripista per altre tragedie, Di Micheangelo dice: «Non sono preoccupato, le 29 vittime volevano a tutti i costi abbandonare l’hotel e tornare a casa sin dalla mattina presto – dice – e le macchine incolonnate pronte per partire e con i bagagli a bordo ne sono la prova».

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