PESARO – Processo al ristoratore Umberto Carriera per il caso della diffamazione al poliziotto da parte di commentatori social che scrivevano sotto un post di Carriera. Sentenza confermata anche in appello. Carriera pronto a ricorrere in Cassazione, ma lancia una proposta.
Il caso riguarda il ristoratore leader di #IoApro Umberto Carriera che era finito a processo assieme alla compagna Clarissa Rosselli con l’accusa di diffamazione con l’aggravante di fatto commesso contro il pubblico ufficiale e diffusione di un video o audio carpito in maniera fraudolenta.
I fatti risalgono al 15 gennaio 2021, quando Carriera aveva aperto il suo ristorante La Grande Bellezza di Mombaroccio, per protesta contro le limitazioni anticovid. Avrebbe dovuto chiudere alle 18, ma il leader di IoApro aveva fatto una forzatura.
Nel video pubblicato su Facebook si vedono i poliziotti entrare per contestare la multa e la sospensione dell’attività per 5 giorni per aver infranto il Dpcm. Ma è proprio dalla pubblicazione sui social che sono scaturiti commenti offensivi e di minacce nei confronti di un poliziotto.
Il giudice in primo grado ha condannato Carriera per la diffamazione al pagamento di 200 euro di multa e al risarcimento di 3000 euro per Badioli e di 500 euro per ciascun sindacato che si era costituito parte civile. Assolto Carriera perchè il fatto non sussiste dall’accusa di aver carpito il video in maniera fraudolenta. Assolta Rosselli da tutti i capi di imputazione. Carriera dovrà pagare anche la costituzione delle parti civili. Confermata la sentenza in appello.
Carriera precisa: «In attesa delle motivazioni del tribunale di Ancona, stiamo già predisponendo con il mio legale Avv. Federico Bertuccioli ricorso da depositare in Cassazione.
Come si evince già dalla sentenza di primo grado, non fu il sottoscritto ad insultare gli agenti della questura, ma i numerosi utenti che commentarono il video con milioni di visualizzazioni. Io ho soltanto documentato quanto accaduto, ritenendo assolutamente sproporzionato l’utilizzo di quindici agenti in un locale vuoto. La pena di appena duecento euro, è indice della tenuità del fatto.
Detto questo, mi rendo disponibile a non ricorrere in Cassazione qualora il commissario di polizia decidesse di devolvere in beneficenza alla Caritas di Pesaro o ad un ente da lui individuato la somma di 3mila euro prevista come risarcimento danni».