Michele Bernetti confermato presidente dell'Istituto marchigiano di tutela vini
Ancona-Osimo

Michele Bernetti confermato presidente dell’Istituto marchigiano di tutela vini

Il consorzio raggruppa sedici denominazioni dal nord al sud delle Marche e rappresenta il 45% della superficie vitata della regione

Michele Bernetti

ANCONA – Michele Bernetti di Umani Ronchi nei giorni scorsi è stato confermato presidente a capo dell’Istituto marchigiano tutela vini, principale consorzio della regione che conta circa 500 soci, sedici denominazioni tutelate e l’89% dell’imbottigliato nella zona di riferimento.

Ad affiancarlo, i vicepresidenti Antonio Centocanti di Cantine Belisario, e Mauro Quacquarini dell’omonima azienda. Venticinque gli ingressi nel nuovo consiglio di amministrazione Imt, che ha modificato il proprio assetto per oltre un terzo delle nomine. L’enologo Alberto Mazzoni è stato confermato direttore del consorzio.

Con oltre 7.500 ettari tra le province di Ancona, Macerata, Pesaro-Urbino e Fermo l’Imt rappresenta anche il 45% dell’intera superficie vitata regionale. Dodici le denominazioni (Doc) tutelate da Imt: Bianchello del Metauro, Colli Maceratesi, Colli Pesaresi, Esino, I Terreni di San Severino, Lacrima di Morro d’Alba, Pergola, Rosso Conero, San Ginesio, Serrapetrona, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Verdicchio di Matelica. Quattro le Docg, Denominazioni di origine controllata e garantita: Conero Riserva, Vernaccia di Serrapetrona, Castelli di Jesi Verdicchio Riserva e Verdicchio di Matelica Riserva.

Michele Bernetti, un primo commento alla sua rielezione.
«Abbiamo rinnovato molto il Cda con l’ingresso di tanti giovani, cosa che riflette l’evoluzione del mondo del vino marchigiano degli ultimi dieci-quindici anni. Il nostro consorzio era partito dall’Assivip poi nel 1999 è stato trasformato in consorzio, anche in base alle leggi che imponevano consorzio di tutela. Allora rappresentava poche realtà, oggi c’è un’esplosione di aziende e il nuovo cda riflette questo nuovo mosaico che abbiamo sul territorio. Mi auguro faccia da buon collante con la realtà produttiva. Oggi il consorzio deve cambiare un po’ pelle, fare mercato, ha un ruolo di responsabilità importante e spero che riesca a metterlo in atto in maniera moderna in questi tre anni, in un mondo del vino che sta cambiando velocemente».

Su cosa c’è da lavorare di più? 
«Sicuramente sull’attività promozionale, anche i produttori devono crederci e investire, non basta produrre bene, e i marchigiani lo sanno già fare, ma c’è anche la parte commerciale. E poi impostare le denominazioni e le produzioni per valorizzare al massimo il valore del vino, del venduto, che genera reinvestimento e permette di rinnovare».

Avete mai pensato nelle Marche a costituire un’associazione unica?
«Siamo una delle poche regioni che già è riuscita a mettere insieme tante denominazioni, sedici, da nord a sud, normalmente altrove ci sono consorzi separati, ma è anche vero che siamo una regione abbastanza piccola. Comunque noi ci siamo riusciti e ho telefonate anche dalla Sicilia che mi chiedono quale sia la strada e come fare. Abbiamo fatto molti passi avanti, e con il Consorzio Vini Piceni abbiamo un ottimo rapporto, e già dei progetti insieme».

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