PESARO – Il lato oscuro del Parco Miralfiore, i luoghi frequentati dai pusher e dai tossicodipendenti. Ma anche il giro di prostituzione.
Alessandro Giardini di Prevaction, un’associazione che aiuta i ragazzi a uscire dalla tossicodipendenza, ci ha condotti nei “luoghi” più difficili del Miralfiore.

Partendo dal lato dell’arco che affianca via Solferino, basta entrare per vedere due “vedette”, ragazzi nigeriani sulla panchina pronti a comunicare coi pusher in caso di qualche retata o personaggio scomodo. Poco dopo, imboccando il primo sentiero a sinistra, si arriva a una casa abbandonata e a un rudere. Qui è luogo di bivacchi.
A terra ci sono siringhe, tanti fondi di lattine anneriti utilizzati come base per fumare il crack. Ma ci sono anche scatole di metadone per chi è in astinenza. Dentro quella casa ci sono rifugi improvvisati, sedie.
Il tour del degrado prosegue: si vede entrare un anziano in cerca di un rapporto sessuale con un nigeriano. Ma Alessandro ci racconta che ci sono anche le ragazze tossicodipendenti che offrono sesso in cambio di una dose. Prostituzione maschile e femminile, personaggi vogliosi e merci di scambio.

Alla fine si arriva al boschetto verso via Cimarosa. La vegetazione è tanta, nasconde. Ci sono sterpaglie e vegetazione secca ma i “residenti” del parco accendono fuochi. I resti sono evidenti ed è pericoloso. Ci sono due transenne che non hanno alcuna funzione. Appena si entra nel bosco si sentono fischi. E’ l’avviso dei pusher e clienti che qualcuno interrompe la loro quiete. Abbiamo già incontrato almeno 6 tossici in cerca di droga. C’è anche una ragazza in canottiera: ha una vena nera, occlusa per quante volte si è iniettata la droga. All’interno ci sono quattro ragazzi. Hanno le pupille a spillo perchè hanno fumato eroina.
Alessandro conosce bene questi luoghi perché è qui che incontra i tossicodipendenti che vogliono uscire dal mondo della droga. La sua storia è scandita da oltre 20 anni di dipendenza da cocaina. «Non riuscivo a smettere. Ero arrivato a pesare 40 kg, non mangiavo. Fumavo eroina per calmarmi. Un giorno sono andato in overdose e mi hanno salvato per miracolo. Volevo entrare in comunità ma per farlo dovevo smettere ed entrare pulito. Sono iniziati 90 giorni di astinenza. Non ce la facevo più e un giorno sono andato in pronto soccorso. Lì è arrivata una ambulanza a sirene spiegate, dentro c’era il mio migliore amico in overdose. L’ho rivisto poco dopo con il lenzuolo bianco che lo copriva. E’ stato lì che ho guardato mia madre e ho capito che dovevo cambiare».

Alessandro è entrato a San Patrignano. Quattro anni di comunità tanto da essere scelto come testimonial in tutta Italia. Ma quel mostro è tornato. «Ci sono ricascato. Ho visto il fallimento, ma ho avuto la forza di rialzarmi. Ne sono uscito definitivamente grazie al Sert. Un percorso di cui porterò sempre i segni». Giardini ha 45 anni e ora ha una missione: aiutare i ragazzi. «Li aiuto uscire dalla dipendenza. Ho fondato Prevaction, solo quest’anno ho incontrato 2300 studenti e ho un centro d’ascolto a Utopia al Miralfiore. Seguo 12 ragazzi, tra loro c’è anche chi ha appena 16 anni ed è dipendente da cocaina. Questa è la mia missione». Lui ce l’ha fatta ed è un esempio per chi vuole dire basta.