Senigallia

Senigallia, polemiche sulla maggioranza: «Se non è fascista lo dimostri con le scelte»

Oltre ai gruppi anarchici, interviene anche il movimento Donne contro i fascismi: «Non si definisce misogina, ma proprio tanto amate non ci sentiamo: sull'ivg le donne non possono decidere»

Lo striscione contro le forze di maggioranza esposto in piazza Roma, a Senigallia il 25 aprile 2021
Lo striscione contro le forze di maggioranza esposto in piazza Roma, a Senigallia il 25 aprile 2021

SENIGALLIA – Non si placano le polemiche dopo il 25 aprile, soprattutto sulle parole che le forze politiche di maggioranza hanno usato per difendersi dagli attacchi della piazza. Dopo la presa di posizione di Diritti al Futuro, anche alcuni gruppi anarchici e il movimento Donne contro i fascismi sono voluti intervenire per replicare a Lega, Fratelli d’Italia, La Civica e Forza Italia.

Lo striscione apparso sotto il municipio di Senigallia con la scritta “Maggioranza Olivetti fascisti, misogini, negazionisti” ha profondamente offeso la compagine di governo: subito ha replicato con un’affermazione – «Ricordiamo che il fascismo è morto più di 70 anni fa e quindi è perfettamente inutile urlare l’antifascismo, non siamo misogini e non siamo negazionisti» – che ha dato il via ad ulteriori polemiche.

I gruppi anarchici – Circolo Studi Sociali “O. Manni” di Senigallia, Gruppo Anarchico “Kronstadt” (senza fissa dimora) di Ancona, Federazione Anarchica Italiana, Sez. “M. Bakunin” di Jesi e Sez. “F. Ferrer” di Chiaravalle – hanno ribadito come l’affermazione che il fascismo sia morto 70 anni fa sia priva alcun fondamento sia storico, sia politico, sia istituzionale. «Dal punto di vista istituzionale, molti apparati messi in piedi nel Ventennio, transitarono nell’Italia repubblicana, senza che mai si fosse realizzata una vera epurazione dei quadri di regime. L’Italia aspetta ancora la sua Norimberga, che forse non arriverà mai». A livello storico poi non si specifica di quale fascismo si parli.

«Molti neofascisti, presenti all’interno dei vostri partiti, in molti casi si richiamano all’eredità mussoliniana, in altri si nascondono dietro la frase, priva di fondamento: “Mussolini ha fatto anche delle buone cose”. L’avverbio è la chiave per interpretare tutto». Infine, politicamente «il fascismo è vivo e ben pasciuto in questo paese dato che il sessismo, il classismo, il razzismo, elementi portanti del pensiero politico del duce, sono vivi, prosperano e dettano la loro anti-morale. Il concetto di autorità del capo da premiare quando le cose vanno bene e da giustificare quando le cose vanno male, è un concetto tutto fascista». 

Ma al di là delle polemiche, i gruppi anarchici lanciano la sfida alla maggioranza senigalliese: «se davvero è convinta che il fascismo sia morto, allora ne prenda le dovute distanze, in tema di diritti delle donne (l’aborto era vietato durante il fascismo, costringendo in pratica all’aborto clandestino), di politiche coloniali (aiutiamoli a casa loro), di tagli agli stipendi dei lavoratori (siamo tutti sulla stessa barca?), di negazione di servizi sanitari e sociali. Dimostri questa maggioranza di non essere fascista, non a parole, ma nelle scelte da fare, nelle metodologie da usare. Il resto sono chiacchiere».

Sempre alle parole della maggioranza di governo replica anche il movimento Donne contro i Fascismi di Senigallia. «Non si definisce misogina, ma proprio tanto amate non ci sentiamo. Anzi». Il 30 marzo 2021 la maggioranza Olivetti ha respinto la “mozione sul mantenimento del protocollo per l’interruzione volontaria di gravidanza nella Regione Marche”, con cui si chiedeva l’applicazione delle nuove linee guida emanate dal Ministero della Salute il 12 agosto 2020.

«Respingere questa mozione, innanzitutto, vuol dire negare il diritto della salute delle donne, in quanto gli studi scientifici riportano come tale metodologia sia molto meno soggetta a complicanze e meno invasiva. Questa negazione viola anche quanto stabilito dalla legge 194 che sancisce l’obbligo di recepire l’aggiornamento delle tecnologie per l’IVG anche in ottica ambulatoriale. Detto questo, sappiamo benissimo che questa metodologia viene usata già all’interno degli ospedali, tuttavia senza l’aggiornamento nazionale i tempi di 7 settimane, stabiliti dal precedente protocollo, impediscono nella maggior parte dei casi la possibilità di accedervi. Questo significa che le donne non possono scegliere, non possono decidere ciò che è meglio per loro, per il loro corpo e per la propria salute. Non parliamo poi, quando, oltre ai tempi, ci si trova di fronte l’ostacolo dell’obiezione di coscienza. Respingere questa mozione vuol dire non riconoscere l’importanza della medicina ambulatoriale di cui si parla da un anno senza alcun risultato, senza aver operato alcune misure attuative. Vuol dire opporsi a una procedura che permetterebbe alle donne di non entrare negli ospedali,  cosa da non sottovalutare in tempi come questi e garantirebbe maggior riservatezza e una più immediata accessibilità al servizio».

Le componenti del movimento Donne contro i Fascismi di Senigallia analizzano anche lo stato di fatto di molti consultori: la maggior parte versa in condizioni difficili, priva di personale, strutture e fondi. «Non ci spieghiamo allora come mai la proposta regionale di legge n. 19 “norme  in materia di consultori familiari” firmata dalle stesse sigle politiche della nostra maggioranza, sia incentrata soprattutto a disciplinare i consultori privati o le associazioni che potrebbero entrare in consultori pubblici dove spesso mancano ostetriche e ginecologa. Non ci spieghiamo perché, nonostante l’urgenza di riqualificare i consultori pubblici, la proposta di legge non inserisca il recepimento delle linee guida, l’importanza della contraccezione, dell’educazione sessuale nelle scuole e  una regolamentazione sull’obiezione di coscienza. Dichiarazioni, come quelle fatte in consiglio comunale che approvano l’operato in materia della giunta regionale che, oltre a bloccare le linee guida, ha proposto una legge discriminante, quale quella sulla famiglia naturale che identifica le donne come figura subalterna preposta all’accudimento, ci sembrano difficili da definire in sintonia con le rivendicazioni delle donne. Dopo un anno duro in cui le donne hanno pagato il prezzo più alto, sotto tanti punti di vista, ci saremmo aspettate un’altra politica, un altro rispetto e impegno. Tutta un’altra cura».

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