Senigallia

Rosy Bindi a Senigallia: conoscere le mafie per combatterle meglio

L'ex presidente della Commissione parlamentare antimafia è intervenuta in un incontro nell'ambito di "LiberaIdee. Il viaggio"

Rosy Bindi a Senigallia per l'iniziativa di Libera
Rosy Bindi a Senigallia per l'iniziativa di Libera

SENIGALLIA – Serve maggiore conoscenza delle mafie e dei loro metodi perché l’Italia possa combatterle con efficacia ed emanciparsi davvero. Amministratori, politici, giornalisti, persino i magistrati devono saperne di più. Lo ha affermato Rosy Bindi, ex presidente della Commissione parlamentare antimafia (2013-2018), intervenendo in un incontro pubblico all’auditorium San Rocco di Senigallia nell’ambito di “LiberaIdee. Il viaggio”, il ciclo di appuntamenti promossi da Libera per favorire la condivisione dei punti di vista di chi lotta ogni giorno contro la corruzione e di chi indaga per fare luce sui fenomeni mafiosi.

Intervistata dal giornalista Vincenzo Varagona, Bindi ha ricordato la stagione delle stragi e degli attentati sottolineando differenze e similitudini tra mafia e terrorismo, partendo proprio dall’assassinio di Vittorio Bachelet il 12 febbraio 1980, quando era docente universitario e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. «Un momento particolarmente difficile per la magistratura» ha dichiarato Bindi, ripercorrendo poi anche le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Stragi che hanno di fatto reso l’opinione pubblica italiana – così come le istituzioni e la stampa – più consapevole della forza, della violenza ma soprattutto della presenza di quel fenomeno mafioso che prima non aveva volti.

«Ogni volta che si sono rese visibili – ha spiegato Bindi durante l’iniziativa organizzata dall’associazione Libera – le mafie sono state sempre combattute e spesso con successo, ecco perché ora preferiscono operare con metodi meno violenti ma più silenti. La minaccia rimane – ha affermato spiegando anche il modus operandi nell’inchiesta “Mafia Capitale” – ma molte volte si ottengono più risultati senza sparare, anzi trattando con il potere».

Rosy Bindi al San Rocco di Senigallia per l'iniziativa di Libera
Rosy Bindi al San Rocco di Senigallia per l’iniziativa di Libera

Proprio questa trattativa, questo intreccio di relazioni, questo gioco di scatole cinesi è alla base dell’operatività delle mafie: ogni magistrato, ha esortato Bindi, dovrebbe conoscerlo al meglio per evitare che i complessi sistemi criminosi organizzati e sistematici da portare alla luce con le varie inchieste siano derubricati in singoli episodi di corruzione. «Abbiamo una legislazione che prevede specifici reati e fornisce adeguati strumenti per combattere la criminalità organizzata – ha detto l’ex presidente della commissione antimafia – ma dobbiamo tenere conto che le mafie cambiano, non stanno ferme e come esse raffinano i loro metodi, noi abbiamo l’obbligo di conoscerle sempre meglio».

Parlando delle Marche e citando la relazione del procuratore generale della Procura di Ancona Sergio Sottani, Rosy Bindi ha esortato a tenere gli occhi aperti sulla ricostruzione post terremoto: non busserà alla porta dell’amministratore locale un mafioso o un’azienda direttamente collegata con la criminalità organizzata, ma il suo prestanome. Come riconoscerlo? Con gli strumenti giusti che sia l’esperienza sia la formazione possono dare, per esempio prevedendo iniziative di supporto ad hoc per gli enti locali da parte di Regione e Anci.

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