Senigallia

Quattro alluvioni in 40 anni, la storia dell’azienda ortofloricola Agarbati a Casine di Ostra

Parla un imprenditore alluvionato: «Non so cosa accadrà domani, cosa dovrò reinventarmi, ma credo valga la pena rimanere in piedi e continuare a camminare»

L'azienda ortofloricola Agarbati costretta a fare nuovamente i conti con l'alluvione che ha colpito la zona di Casine di Ostra
L'azienda ortofloricola Agarbati costretta a fare nuovamente i conti con l'alluvione che ha colpito la zona di Casine di Ostra

OSTRA – Quattro alluvioni in meno di 40 anni. Un destino per coraggiosi e temerari che è invece capitato all’azienda ortofloricola Agarbati di Ostra. La zona in cui sorge, Casine, è una delle più martoriate nel corso degli anni perché a poche centinaia di metri di distanza c’è la confluenza tra i fiumi Nevola e Misa: entrambi sono esondati la sera di tre mesi fa.

«18 agosto 1976; 6 febbraio 2001; 3 maggio 2014; 15 settembre 2022. Non sono date di compleanni, o di eventi familiari – spiega il titolare Alberto Agarbati – sono le date delle quattro alluvioni che la nostra azienda, creata da mio padre Fermino e mia madre Dina alla fine degli anni ‘60, ha subito nel corso degli anni». Una realtà a conduzione familiare: dopo i genitori, le redini sono passate ai figli Gianni e Alberto Agarbati allargando la produzione oltre le colture tradizionali all’attività ortofloricola in alveolo e vaso. «Anche mia cognata Luciana e mio nipote Alessandro si sono inseriti a pieno titolo nell’azienda. Proprio la caratteristica di azienda familiare, anche se coadiuvata da dipendenti stagionali, ci ha permesso di superare i momenti difficili, come appunto le alluvioni».

Ma «stavolta sarà dura, molto più dura, perché l’evento del 15 settembre è stato molto più devastante degli altri». Alberto racconta che era a casa e l’allarme tra amici e conoscenti l’ha portato a monitorare il fiume Misa prima che esondasse. Ha potuto accorgersi che, nonostante avesse smesso di piovere e le piogge non erano state così abbondanti nell’area ostrense, il livello dell’acqua stava crescendo molto rapidamente, troppo per poter rimanere negli argini. Ha «fatto allontanare moglie e figli e sono rimasto sotto il portico di casa a vedere cosa accadeva. L’acqua continuava a salire, le nostre serre erano già invase e piano piano la piena si stava avvicinando minacciosa a casa». Poco dopo le 22, sul muro di casa c’erano più di 70 cm d’acqua. 

Dopo il passaggio della piena ha potuto recuperare la propria famiglia e constatare i danni provocati dall’alluvione del 15 settembre 2022. Serra e tunnel erano distrutti e molte altre cose erano state portate via dalla corrente del fiume. La disperazione si stava impadronendo di Alberto: «Ho pensato per un attimo di mollare tutto».

Dopo lo sconforto è venuta fuori la tenacia di chi non vuole perdere il lavoro di una vita, anzi di più vite, e con l’aiuto di tante persone, amici e conoscenti in primis ma anche tanti giovani e tante persone con cui non c’era mai stato alcun contatto, si sono rimboccati le maniche. A forza di spalare fango, sono riusciti a liberare il terreno da tutto ciò che era stato portato dal fiume. 

Quei rapporti sono la base su cui costruire la nuova avventura: «Non so cosa accadrà domani o dopodomani, cosa dovrò reinventarmi per me, per la mia vita, quella della mia famiglia; ma con i tanti che mi hanno sostenuto, incoraggiato, abbracciato, con cui ho condiviso fango e sudore, credo valga la pena rimanere in piedi e continuare a camminare».

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