Senigallia

La piena del fiume Misa spazza via l’isolotto di ghiaia

Il maltempo dei giorni scorsi ha determinato una forte corrente che ha riportato in mare i materiali non sedimentati, tra cui la famosa "barra" al termine del canale

SENIGALLIA – L’ondata di maltempo che ha tenuto tra domenica 12 e lunedì 13 maggio col fiato sospeso diversi senigalliesi per la paura che si ripetessero gli eventi di 4 anni fa, ha fatto scoppiare anche il dibattito sulla pericolosità o meno dell’isolotto di ghiaia presente alla foce del fiume Misa.

L’isolotto è una formazione naturale originata dai materiali che il fiume trasporta verso la foce e che il mare accumula all’imboccatura del canale. Negli anni precedenti al 2012, quando venne ripensato il porto senigalliese, la foce del fiume Misa era navigabile (anche se non sono mai mancati episodi di imbarcazioni incagliate per il fondale basso) perché rappresentava l’ingresso per la darsena sia per pescherecci che per diportisti: ogni 3 o 4 anni veniva dragata la foce per permettere alle barche di entrare e uscire senza troppe criticità.

Da quando il porto non è più porto-canale, e quindi da quando è stato spostato l’ingresso/uscita per le imbarcazioni, il canale è rimasto meno curato. Il materiale portato dal fiume viene però respinto dal mare verso l’interno: a ciò si aggiungono le tonnellate di ghiaia che le correnti marine portano da sud verso nord e questo fenomeno naturale ha creato il famoso isolotto, tanto chiacchierato negli ultimi mesi, anche sui social network dove sono comparsi alcuni “meme”.

Materiale sciolto, non stabile e non sedimentato dunque e proprio su questo aspetto era intervenuto il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi: il primo cittadino aveva ribadito in più d’una occasione che i materiali alla foce sarebbero stati «facilmente spazzati via alla prima piena del fiume Misa», senza costituire elemento di ostacolo al corretto deflusso delle acque fluviali.

Tramite un post sul popolare social network Facebook è intervenuto Marcello Principi, ex dirigente del dipartimento Difesa del Suolo ed ex segretario generale dell’Autorità di Bacino Regionale.
«Il maltempo di questi giorni caratterizzato da piogge e successiva piena del Misa e da venti dapprima di scirocco e poi di levante con conseguente mareggiata, hanno definitivamente dimostrato che la famosa e “pericolosa” barra di foce è stata facilmente smantellata dalle acque fluviali che defluiscono a mare […] Gli arbusti e tronchi, poi spiaggiati nella battigia immediatamente a sud, affluiscono a mare, nonostante il moto ondoso contrario, senza difficoltà e non c’è traccia di accumuli ghiaiosi all’interno dell’ex porto-canale!! E allora prima di parlare di pericolo di inondazione che hanno generato paure ingiustificate e di spendere risorse finanziarie per la rimozione della barra occorrerebbe osservare/studiare le dinamiche naturali!! E’ ora di dare una corretta informazione soprattutto da parte di chi ha responsabilità altrimenti si fanno interventi inutili pur di “fare” e soddisfare i tanti “discorsi da bar”!»

Non sono mancati i commenti di chi ha messo in dubbio la mancanza di rischi: tra i punti più contestati c’è il fatto che se il letto del fiume è alto perché vi sono vari materiali – ghiaia, sabbia, fango, rifiuti e detriti – l’acqua in caso di piena raggiungerebbe prima il bordo dell’argine, esondando più facilmente. «Con l’alveo così alto basta una giornata di pioggia perché il livello delle acque superi le sponde e gli argini. Non c’entra niente la barra ma solo la quantità di acqua che può contenere».

Sempre da Principi sono arrivate invece poi le risposte ai dubbi. Nel tratto terminale del canale, «dove “un giorno sì e uno no” a seconda che prevalga la “forza” del mare o quella del fiume, si forma la famosa barra e che qualcuno pensa essere un pericolo o addirittura causa di inondazione». «In occasione di piene, va ridotta la quantità di acqua in alveo ma questo lo si fa a monte e non a valle dei centri abitati né tanto meno alla foce. Il dragaggio – conclude – è certamente una tipologia di intervento che porterebbe benefici».

Nel frattempo, chi ha bisogno di interventi è la spiaggia di velluto: a poche settimane dall’inizio ufficiale dell’estate, si presenta nuovamente da pulire, con tonnellate di detriti che il fiume ha riportato in mare e, da qui, sull’arenile. Ma le ruspe erano all’opera già nella mattinata di martedì 14 maggio, segno che l’attenzione per lo meno su questo tema è alta.

Ruspe al lavoro per ripulire la spiaggia di Senigallia dalle tonnellate di detriti dovute al maltempo del 12 e 13 maggio. Foto di Carlo Torelli
Ruspe al lavoro per ripulire la spiaggia di Senigallia dalle tonnellate di detriti dovute al maltempo del 12 e 13 maggio. Foto di Carlo Torelli

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