Senigallia

Pace e salari: manifestazione a Senigallia contro guerra e spese militari

In piazza Roma, sotto il municipio, l'iniziativa di “Brigate Volontarie per l'Emergenza Marche”, “Potere al Popolo” di Senigallia e Ancona e “Spazio Comune Autogestito Arvultùra”. Ecco perché

jet, missili, guerra, pace. Foto da Pixabay.com

SENIGALLIA – “Abbassare le armi. Alzare i salari”. Questo lo slogan della manifestazione in programma in città per il pomeriggio di oggi, sabato 21 maggio. Intorno alle ore 17 si raduneranno in piazza Roma gli attivisti di varie associazioni e movimenti locali – tra cui i promotori “Brigate Volontarie per l’Emergenza Marche”, “Potere al Popolo” di Senigallia e Ancona e “Spazio Comune Autogestito Arvultùra” – e tante persone della cosiddetta società civile. Tutti in piazza per manifestare il proprio dissenso a una politica che tende ad armare il conflitto ucraino lasciando in secondo piano il contrasto alle diseguaglianze sociali acutizzate da due anni di pandemia.

«Mentre il governo Draghi aumenta le spese militari fino al 2% del PIL – scrivono gli organizzatori – i lavoratori e le fasce più deboli della popolazione, già colpite duramente da due anni di pandemia, continuano ad essere colpiti dagli effetti della crisi e del carovita e aumentano precarietà e sfruttamento. Parlare oggi di disarmo vuol dire fermare l’escalation del conflitto e l’economia di guerra che strozza salari e diritti sociali sul fronte interno e contemporaneamente alimenta terrore e devastazioni sul fronte esterno, per questo sabato 21 dalle ore 17.00 manifesteremo in Piazza Roma a Senigallia».

Tre le principali critiche mosse dai movimenti. “Nessuna guerra tra i popoli. Nessuna pace tra le classi”: in ogni guerra a farne le spese è sempre la povera gente di entrambi i fronti e ad arricchirsi sono sempre i potenti e i ricchi di entrambi i fronti. “La guerra è fossile, la pace è rinnovabile”: questa guerra implementa una politica energetica basata su petrolio, gas e carbone a discapito della tanto sbandierata transizione ecologica. “Svuotare gli arsenali, riempire i granai”: dopo decenni di tagli e due anni di pandemia, investire sul riarmo e non su scuola, sanità e servizi è semplicemente criminale.

Dunque pace, ma anche uguaglianza e sviluppo sostenibile sono i temi attorno a cui ruota la manifestazione: punto fermo è ovviamente la condanna dell’intervento militare russo e dell’assetto «guerrafondaio e muscolare di NATO e USA che, insieme all’Unione Europea, scelgono deliberatamente la via delle armi e del sacrificio. Il rischio di un’estensione mondiale e nucleare del conflitto è alle porte e quando servirebbe mettere il freno a mano all’escalation militare che porta l’umanità sull’orlo del baratro, le nostre classi dirigenti soffiano sul fuoco del conflitto armato».

L’aumento delle spese militari stona con i tagli in campo sanitario e scolastico, con le difficoltà delle famiglie e delle imprese di fronte ai rincari di beni di prima necessità e carburanti: «In Italia da decenni gli unici investimenti e le uniche spese sempre disponibili sono quelle relative ad armamenti, eserciti e guerre. Non è un caso: portare la spesa militare italiana al 2% del PIL vuol dire 38 miliardi di euro. Più della metà di quanto il nostro Paese spende ogni anno in istruzione. Più del triplo di quanto è stato speso nel totale dei 3 anni per Quota 100. Il quintuplo di quanto viene speso annualmente per il Reddito di Cittadinanza».

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