Senigallia

Migranti, via vai dalla struttura di accoglienza a Senigallia: «Non sono in prigione, possono andare»

Diversi giovani profughi dalla Libia e altri Paesi africani, salvati dalle Ong, si stanno allontanando volontariamente dal centro allestito dalla Caritas nel piazzale Morandi: cercano familiari, amici, agganci e connazionali che possano aiutarli

SENIGALLIA – Sono stati rintracciati a Rimini, a Roma o alla stazione ferroviaria di Senigallia: sono alcuni dei giovanissimi migranti sbarcati ad Ancona dalle navi Ocean Viking e Geo Barents delle due ong “Medici Senza Frontiere” e “Sos Méditerranée” la scorsa settimana e ospitati in un centro di accoglienza straordinario temporaneo per minori non accompagnati a Senigallia. Un centro da cui si allontanano uno dopo l’altro. 

A parte il numero complessivo di 39 persone giunte inizialmente a Senigallia, non ci sono altri dati ufficiali sui migranti, né su quanti ne siano rimasti all’interno dell’ex hotel Massi: il numero è infatti in continuo aggiornamento, c’è chi va via e chi torna. Questi ultimi sono pochi in verità. Dei minori tra i 14 e i 17 anni provenienti da Sudan, Nigeria, Eritrea, Ciad e Ghana, una prima dozzina di persone si era allontanata volontariamente. Tre avevano poi fatto ritorno già nella serata di venerdì 13 gennaio; altri cinque erano stati individuati dagli agenti della Polfer alla stazione ferroviaria di Rimini: sembra che volessero raggiungere la Germania ma sono stati portati in una struttura di accoglienza della Romagna; altri due erano stati ritrovati a Roma, mentre qualcun altro era alla stazione senigalliese.

Non sono detenuti, non c’è obbligo di sorveglianza per i naufraghi minorenni, salvati a largo delle coste libiche: sono quotidianamente intrattenuti dalla Caritas in una struttura alberghiera vicino la spiaggia di velluto. Ma cercano di andarsene, cercano altri approdi e cercano soprattutto contatti per ricongiungersi con i familiari, non tutti li hanno in Europa e non tutti li hanno in vita: in alternativa si affidano ad agganci tra i vari connazionali. 

Nel frattempo, dopo un lunghissimo viaggio, dopo mesi passati in campi profughi, alcuni dopo più tentativi di attraversare il Mediterraneo, passano del tempo a fare attività ludiche, a imparare qualche parola d’italiano grazie ai vari volontari della fondazione Caritas Senigallia che li hanno portati al mare, poco distante dalla struttura dove alloggiano. Quelli che son rimasti sono soprattutto i più giovani. Più d’uno ha espresso l’esigenza di momenti di raccoglimento e preghiera, pochi sono quelli che si sono aperti: non sentono ancora questa come “casa”, ma solo come una tappa verso qualche altra destinazione. 

E c’è un enorme lavoro, fanno sapere in maniera informale i volontari, per farli sentire accolti e al sicuro, anche se molti si sentono trattenuti. Non sono esclusi altri rientri, ma soprattutto altre partenze. «Alcuni scappano, e questo fa notizia – scrivono i volontari Caritas – ma non sono in prigione, possono andare: in prigione ci sono già stati mentre erano in Libia e ora desiderano solo raggiungere un amico, un parente, un cugino. Riabbracciare una persona cara. Alcuni invece restano e ci guardano con timore. Hanno capito che non siamo qui a far loro del male, che non abbiamo doppi fini, che non li maltratteremo e non ruberemo loro il denaro. Tra loro c’è chi sogna una famiglia e ascolta attentamente la possibilità di essere affidato a nuovi genitori».

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