Senigallia

L’eco delle polemiche sulle dimissioni del cda della fondazione Città di Senigallia

Dopo l'affondo del consigliere regionale Mangialardi, arrivano i commenti dal centrosinistra. Diritti al Futuro: «Dimettersi significa abdicare». Amo Senigallia: «Dimissioni inopportune, era meglio il commissariamento»

La sede della fondazione Città di Senigallia
La sede della fondazione Città di Senigallia

SENIGALLIA – Non accenna a placarsi il dibattito sulla fondazione Città di Senigallia dopo le dimissioni del cda dell’ente che gestisce la struttura socio sanitaria di via del Seminario. Un gesto che ha scatenato commenti su commenti. Dopo l’affondo del consigliere regionale Maurizio Mangialardi, che ha parlato in maniera netta di inadeguatezza del cda e di «incapacità a svolgere la funzione a esso assegnata», arrivano le critiche anche da altre realtà politiche cittadine. Di centrosinistra.

«Le dimissioni del presidente e dei consiglieri della fondazione Città di Senigallia certificano il disastro del centrodestra – tuonano da “Diritti al Futuro” che spiega come il gesto di lasciare il posto ma di dichiarare la contestuale disponibilità ad andare avanti temporaneamente siano un affondo grave e drammatico alla governance del tessuto amministrativo, sociale ed economico della città. Non si era mai visto nulla di simile! Speriamo di sbagliarci, ma abbiamo il timore che non siamo arrivati ancora a raschiare il fondo di questa stagione politica che vede il centrodestra al governo della città di Senigallia e della regione Marche».

Amministrare un ente socio sanitario non è semplice, spiegano ancora dal centrosinistra, e anche in passato non sono mancati atti sfavorevoli alla precedente gestione della fondazione ma tali difficoltà non hanno mai portato alle dimissioni alcuno dei componenti del cda. «Ci sembra improprio soprattutto da parte del Presidente e dei Consiglieri che rappresentano la maggioranza (a cui compete l’onere della responsabilità di governo) aver usato la strada delle dimissioni per tentare di trovare soluzioni ai problemi emergenti. Dimettersi significa abdicare allo svolgimento di un ruolo a servizio della collettività a cui ci si è candidati e a cui si è stati investiti dal consiglio comunale, in rappresentanza di tutta la comunità. Nel corso delle precedenti gestioni, espressione delle maggioranze di centrosinistra, certo non sono mancati passaggi amministrativi e giurisdizionali sfavorevoli, ma non per questo si è giocato allo sfascio e alla fuga da responsabilità gestionali. Ci si è sempre fatti carico delle questioni problematiche, cercando ipotesi risolutive condivise nell’interesse della città». 

Sulla stessa linea anche il consigliere comunale di “Amo Senigallia” Gennaro Campanile che parla di dimissioni inopportune. In primo luogo perché il Consiglio di Amministrazione della fondazione non si è dimesso ad esempio per la bocciatura del suo piano di risanamento dell’ente; non si è dimesso perché non ha ricevuto l’appoggio politico richiesto: «allora sì che le dimissioni avrebbero avuto una motivazione concreta e condivisibile. Ma senza questo passaggio appaiono una resa di fronte alle difficoltà (probabilmente impreviste) e una esplicita ammissione di debolezza».

Al di là delle motivazioni, anche la forma scelta per tale “uscita di scena” è stata criticata da Campanile: «è spettacolare, quasi drammatica e non fa bene alla fondazione governata ora da un consiglio dimissionario che ha denunciato un mezzo disastro. Un concittadino è autorizzato a pensare qualsiasi cosa e sospettare di tutti in un momento in cui, proprio per la delicatezza, ci sarebbe stato bisogno di stabilità e credibilità. Sarebbe stato meglio prima informare la cittadinanza e concordare con l’amministrazione un percorso rapidissimo, fosse anche commissariale».

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