Senigallia

Pace in Ucraina e Palestina: altre due iniziative vedono impegnate realtà di Senigallia

La “Rete per la pace subito” e la Scuola di Pace di Senigallia chiedono un cessate il fuoco immediato: la prima attraverso una manifestazione in centro storico; la seconda con una petizione

Una manifestazione promossa dalla Rete per la Pace a Senigallia. Foto di Emanuela Sbriscia Fioretti (12 marzo 2023)
Una manifestazione promossa dalla Rete per la Pace a Senigallia. Foto di Emanuela Sbriscia Fioretti (12 marzo 2023)

SENIGALLIA – Pace e disarmo. Sono questi i due temi che hanno spinto a intervenire nel dibattito pubblico sia la “Rete per la pace subito” che la Scuola di Pace del Comune di Senigallia. Entrambe le realtà chiedono di fatto un cessate il fuoco immediato, sia nel territorio ucraino che nella striscia di Gaza. La prima attraverso una manifestazione in centro storico; la seconda con una petizione perché il Parlamento non depotenzi i principi di controllo e trasparenza sugli armamenti previsti con la legge 185 del 1990.

Nuova manifestazione dunque degli attivisti per la pace di Senigallia che organizzano un nuovo presidio contro la guerra, il 67°, per domani, sabato 23 marzo, alle ore 18.30 in piazza Saffi. Facendo proprie le parole del presidente della Cei, Matteo Zuppi – che nelle prossime settimane volerà a Parigi per incontrare il presidente Macron dopo essere stato già a Kiev, Mosca, Washington e Pechino per conto di papa Francesco – dalla “Rete per la pace subito” di Senigallia ribadiscono il concetto della negoziazione e della trattativa. «Non possiamo rassegnarci a un aumento incontrollato delle armi, né tanto meno alla guerra come via per la pace». La questione, suggeriscono, è che solo con la fine dell’occupazione israeliana la Palestina potrà tornare libera e quindi permettere ai palestinesi di scegliere la convivenza e la pace anziché la resistenza armata. Nell’ovvia condanna di tutti gli attentati. «Occorre avere il coraggio di negoziare». Come sempre il presidio vedrà i partecipanti ribadire parole e concetti di pace, accompagnati da musiche per sensibilizzare l’opinione pubblica verso un immediato “cessate il fuoco” in Ucraina e Palestina; verso l’accoglienza di tutti i profughi; l’avvio di seri negoziati di pace e soprattutto verso lo stop all’invio di armi o l’aumento delle spese militari.

Parla di disarmo anche la campagna “Basta favori ai mercanti di armi”, nata per chiedere al Parlamento di non peggiorare i meccanismi di autorizzazione e controllo e i presidi di trasparenza sull’esportazione di armamenti previsti dalla legge 185 del 1990. Assieme a decine di organizzazioni della società civile, vi ha aderito anche la Scuola di Pace del Comune di Senigallia, spiegando il motivo di fondo dell’iniziativa. Il ddl del governo «cancella i meccanismi di trasparenza e controllo parlamentare sul commercio e le esportazioni di armi e sulle banche che finanziano tali operazioni. Con una fretta inconsueta e degna di miglior causa e approfittando della distrazione della stampa e dell’opinione pubblica, il disegno di legge è stato approvato prima in commissione e poi in aula al Senato, dove sono stati bocciati tutti gli emendamenti che tentavano di mitigare gli effetti più nefasti del provvedimento». Il testo è ora all’esame della Camera: sarà esaminato dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa e si prevede che arriverà in aula a maggio. 

Decine di organizzazioni della società civile, tra cui appunto la Scuola di Pace di Senigallia, chiedono ai deputati di modificare il disegno di legge per ripristinare il controllo del Parlamento sull’export di armi e sulle banche che fanno affari con tali operazioni. «Va fermata questa folle corsa alle guerre ed al riarmo. L’opinione pubblica deve comprendere che siamo entrati in un’economia di guerra senza alcun mandato popolare. Siamo in una democrazia con una Costituzione che ci obbliga a costruire convivenza e cooperazione tra i popoli e ad agire nel quadro del diritto internazionale. Tutta altra storia dell’isteria che sta attraversando l’Europa e che pensa a produrre munizioni e ad alzare muri ai propri confini. Il Parlamento italiano deve ascoltare e rappresentare i bisogni della cittadinanza che sono il lavoro con diritti, la sanità e la formazione pubblica, la sicurezza del territorio e la sicurezza sul lavoro. Chiediamo al Parlamento di confrontarsi con la società civile e di opporsi allo smantellamento della Legge 185».

«Col pretesto di rendere la normativa più rispondente alle sfide dell’attuale contesto internazionale – sottolinea Giorgio Beretta, analista sull’export militare per Rete Pace Disarmo e Opal Brescia – il governo Meloni vuole di fatto limitare l’applicazione dei divieti sulle esportazioni di armamenti, ridurre al minimo l’informazione al Parlamento e alla società civile ed eliminare, tra l’altro, dalla Relazione ufficiale annuale tutta la documentazione riguardo al coinvolgimento degli Istituti di credito nell’import-export di armi e sistemi militari italiani. I cittadini non sapranno più dalla suddetta Relazione quante e quali armi vengono esportate e non avranno più informazioni sulle banche, nazionali ed estere, che traggono profitti dal commercio di armamenti in particolare verso regimi autoritari e Paesi coinvolti in conflitti armati».

Oltre alla campagna informativa, c’è una petizione che le associazioni pacifiste chiedono ai cittadini e alle cittadine e a tutte le organizzazioni interessate di firmare: è pubblicata sul sito di Rete Italiana Pace e Disarmo “Basta favori ai mercanti di armi”. Ma all’orizzonte ci sono altre iniziative: nei prossimi giorni partiranno infatti anche altre mobilitazioni tra cui l’invio di lettere ai parlamentari eletti nelle Marche e la richiesta di audizioni parlamentari.

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