Senigallia

Alluvione e riduzione del rischio, la protesta a Senigallia. Gli attivisti: «I 13 decessi e i danni incalcolabili non son bastati»

Volantini sulla statua del Monc'in piazza. Il Coordinamento Volontari/e Alluvione 2022 di Senigallia chiede di ripensare la programmazione e realizzazione degli interventi

Volantini sulla statua del Nettuno (Mon'in piazza) di Senigallia da parte degli attivisti e delle attiviste del Coordinamento Volontari/e Alluvione 2022 per ripensare la strategia di riduzione del rischio
Volantini sulla statua del Nettuno (Mon'in piazza) di Senigallia da parte degli attivisti e delle attiviste del Coordinamento Volontari/e Alluvione 2022 per ripensare la strategia di riduzione del rischio

SENIGALLIA – Utilizzare i fondi per l’alluvione stanziati dal governo non per ripristinare lo «stato d’incuria e malagestione che ha caratterizzato l’amministrazione della nostra valle fino ad ora» ma per migliorare la situazione ed evitare nuovi disastri. A chiederlo sono gli attivisti e le attiviste del Coordinamento Volontari/e Alluvione 2022 che hanno manifestato in piazza Roma, sotto il municipio di Senigallia per far sentire la propria voce. E quella del Nettuno, a cui sono stati affissi alcuni volantini di protesta. L’iniziativa è consistita nell’appendere volantini perché sia noto a tutti che la richiesta che gli alluvionati hanno fatto alla politica non è quella di restituire il territorio così com’era prima dell’alluvione perché è ovvio che ci sono delle criticità, ma quella di prospettare un futuro diverso.

«Vorremmo – spiegano dal Coordinamento senigalliese – che si potesse parlare chiaramente di come la realizzazione della seconda vasca di espansione, approvata nel lontano 2016, non sia sufficiente alla riduzione del rischio idrogeologico, né ad evitare l’ennesima tragica corsa ai piani alti. Come illustrato dall’Ing. Babini, vicecommissario per il post-alluvione, nell’incontro di presentazione del piano di interventi strutturali al cinema Gabbiano, lo strumento della vasca di espansione può definirsi efficace se inquadrato in un sistema di interventi complementari».

Secondo gli alluvionati infatti della zona di Brugnetto di Senigallia, al confine con Trecastelli, «l’esperienza degli abitanti che hanno atteso circa 30 anni per toccare con mano gli effetti disastrosi di un intervento isolato qual è la vasca di espansione in fase di realizzazione nell’omonima frazione, sembra non essere servita alla P.A. per raddrizzare la rotta. La Regione Marche annuncia l’approvazione dell’ordinanza 1001 che permetterà di snellire ulteriormente le procedure di affidamento diretto dei lavori. Peccato che la deregolamentazione dei meccanismi di controllo pubblico sugli appalti non garantisca l’approvazione del piano progettuale da parte dell’autorità di bacino così come la realizzazione degli interventi. Nel 2016 l’autorità di bacino si era, infatti, già espressa ma la maggior parte degli interventi programmati non sono stati mai attuati. Si sono piuttosto susseguiti anni e anni di interventi tampone (non strutturali) di enorme impatto ambientale e con ripercussioni pesanti sulla stessa popolazione abitante». 

Sul fronte infrastrutturale si continua a spendere soldi pubblici, i 400 milioni stanziati dal governo, per ripristinare la situazione come era prima del disastro del 15 settembre 2022, continuano gli alluvionati, senza invece risolvere le criticità che erano presenti. «Questo è il paradosso della ricostruzione in Italia, confermato dalla visione politica di un governo liberista e spregiudicato che consapevolmente continua a negare la crisi climatica in atto nonostante quanto accaduto nelle Marche, in Emilia Romagna, e in Toscana (solo per citare gli eventi più recenti). Nonostante il dolore e la rabbia delle persone private di tutto».

Poi le critiche al governatore Acquaroli e al precedente Ceriscioli. Il primo perché «si riempie d’orgoglio per la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, che dovevano essere già stati portati a compimento mesi e mesi fa». Il secondo per «quanto non svolto». «Il problema del dissesto idrogeologico della valle si affronta in maniera frammentaria e “in emergenza”, senza ascoltare la voce e l’esperienza di chi vive e lavora sul territorio, di chi conosce gli effetti di un’alluvione, e di chi conosce i tempi dei soccorsi. Forse i tredici decessi del 2022, i tre del 2014, gli incalcolabili danni a livello lavorativo, abitativo, personale, sociale, non hanno ancora dimostrato l’urgenza di ripensare completamente le modalità d’intervento pre- e post-? Abbiamo bisogno di pianificare e programmare “a sistema” e su “ampia scala” adeguate azioni di mitigazione del rischio, con l’obiettivo di ridurne le cause e, contemporaneamente, garantire la tutela e la salvaguardia dell’ecosistema fiume». 

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