Senigallia

Senigallia, alluvione del 2014. «Persi il negozio, il lavoro e dovetti vendere casa»

La storia di una cittadina alluvionata, Donatella, che ha dovuto cambiare vita per poter far fronte ai danni subiti col disastro di dieci anni fa. «E non ho visto un euro di rimborso»

L'alluvione a Borgo Bicchia di Senigallia del 3 maggio 2014, ripresa dall'elicottero dei vigili del fuoco
L'alluvione a Borgo Bicchia di Senigallia del 3 maggio 2014, ripresa dall'elicottero dei vigili del fuoco

SENIGALLIA – «Io avevo un negozio di generi alimentari a Borgo Bicchia, proprio dove è uscita l’acqua, davanti la chiesa. Ero già lì dalle 6:30 per preparare le cose e i vari prodotti e quando sono partita da casa ho trovato tutto tranquillo, nella norma. Solo più tardi, quando mio marito mi stava raggiungendo per venire a darmi una mano col negozio, mi ha detto che a Passo Ripe (località di Trecastelli, Ndr), dove abitiamo, le strade erano piene di acqua e fango. Lui è dovuto transitare per le vie in collina perché la provinciale era chiusa, ma a Senigallia ancora non c’era alcun problema. In strada non c’era nessuno che potesse darmi informazioni, nemmeno le forze dell’ordine o la forestale e quindi nessuno mi ha avvisata. Poi quando è arrivata l’acqua in negozio e cominciava a venire fuori dappertutto, anche dalle fogne, io sono andata via per mettermi in salvo. Cosa dovevo fare?».

Così inizia il racconto di Donatella Cavallari che ripercorre quella dolorosa giornata di dieci anni fa. Il 3 maggio 2014 Senigallia e la vallata del Misa furono investite da un’ondata di maltempo che porto il fiume a esondare in più punti, rompendo anche gli argini che poi, si scoprirà, non erano così ben mantenuti come sarebbero dovuti essere. Oggi ricorre il decennale di quella giornata che causò poi tre vittime e danni per centinaia di milioni di euro. Ma al di là delle ricorrenze e delle bandiere a mezz’asta, molte storie devono ancora venire fuori dal quel fango in cui sono rimaste intrappolate. Una di queste è la vicenda della signora Donatella che ancora oggi sta subendo le conseguenze di quella tragedia.

«Non c’è niente che puoi fare in quei momenti», quando arriva l’acqua. «Io ho pensato a mettermi in salvo, non ho pensato a prosciutti e formaggi. Non sapevo nemmeno dove avrei potuto metterli, ho preso e sono andata via. Erano le 8:30». Lo ricorda bene l’orario anche perché, poco prima, erano arrivati i fornitori di pane, pasta fresca, frutta e verdura. Tutti lavoravano ancora quasi come se nulla fosse. Anche qualche clienti, i più mattinieri erano all’oscuro del disastro imminente. «Nessuno mi ha detto niente o nessuno sapeva ciò che stava succedendo».

Per andarsene ha dovuto percorrere le strade collinari poiché a valle, lungo le provinciali Arceviese e Corinaldese, non si poteva camminare, erano già allagate. «Quando sono andata via, ho visto l’acqua che entrava nelle abitazioni. Terribile. E non puoi farci nulla». Per tornare in negozio e vedere i danni, altri problemi: fino alle 18 circa la situazione viaria non era tornata transitabile, l’acqua non era ancora defluita del tutto. «Solo alle 18:30 siamo riusciti a entrare in negozio, e c’era rimasto tutto il fango. Eravamo disperati. Tutto era ribaltato, pieno di fango, senza acqua corrente, senza elettricità, tutto era da buttare via».

Ma i problemi non sono finiti qui. «Abbiamo lavorato tutto il mese solo per ripulire e buttare via la merce e i mobili, per svuotare tutto perché il proprietario che l’ha affittato, lo rivoleva vuoto». E dopo quel momento non è stato possibile riaprire. «Io avevo un mutuo e inoltre ci ho perso tutti i soldi che vi avevo investito. Altri soldi non ne avevo per poter riaprire».

Dal punto di vista dei rimborsi, Donatella afferma inoltre di non aver ricevuto nulla: «Io non ho visto un euro ma ho dovuto pagare tutto: i fornitori, le bollette, il mutuo, lo stipendio alla dipendente, tutto ci siamo sobbarcati io e mio marito. E per pagare tutto ci siamo giocati casa. L’abbiamo dovuta vendere per poter saldare i debiti. Con tre figli piccoli. Ora siamo in affitto». Dalle istituzioni è arrivata la proposta a fine 2014 di sottoscrivere una fideiussione per poter avere dei soldi con cui far ripartire l’attività. «Ma si trattava di aprire un mutuo e io già ne avevo uno. Comunque si sarebbe trattato di ricevere appena tremila euro e solo se avessi firmato una dichiarazione in cui affermavo che i danni erano sotto i diecimila euro. Ma io di danni ne ho subiti 100 mila. E non avrei potuto chiedere altri rimborsi. Non è giusto».

«Lavori a testa bassa, ti dai da fare ma se ti capitano queste cose non è semplice venirne fuori se non ti aiuta nessuno». Quindi Donatella ha dovuto cambiare vita. «Dal 2014 a oggi faccio tutti lavori saltuari. Il negozio mi serviva per poter lavorare e pagarmi i contributi, prendere uno stipendio, una pensione. Ora mi arrangio con quello che capita: ho fatto le stagioni, sono tornata a fare il lavoro di un tempo, a macchina. Io ho 62 anni e non posso andare in pensione, ho ancora pochi anni ma ad agosto mi scade il contratto e dovrò tornare a cercare un’altra occupazione. Nessuno mi fa un contratto a tempo indeterminato. Ma come ce ne sono diverse di persone, ci sono tante situazioni pesanti in giro, ancora dal 2014».

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