Pesaro

Rossini (Uil Pesaro): «Il green pass in azienda? Rischia di discriminare i lavoratori senza regole chiare»

Il sindacalista: «Sembra alla mercé della libera interpretazione del singolo imprenditore o della singola azienda»

Immagine di repertorio

PESARO URBINO – Green pass nel mondo del lavoro, i dubbi della Uil relativi a possibili discriminazioni. A intervenire è il segretario provinciale Paolo Rossini.

«In questi giorni stanno iniziando le sospirate ferie estive per gli addetti delle imprese dell’industria e dell’artigianato, ma nel frattempo è in corso un acceso dibattito sociale sul cosiddetto “green pass”, che si riversa ineluttabilmente anche sul mondo del lavoro.   

La questione troviamo che sia molto complessa innanzitutto perché si lega necessariamente alle norme sulla sicurezza, in particolare al Testo unico Decreto 81/08 e, più nello specifico, ai protocolli “Covid” fatti sia a livello nazionale che declinati poi nelle singole aziende; inoltre, precisando che in poche aziende del territorio il protocollo sulla sicurezza è stato frutto di un ampio confronto tra le parti (sindacato ed azienda), purtroppo molti dei suddetti protocolli sono rimasti espressi solo sulla carta e poco o niente applicati nella realtà lavorativa quotidiana, come già più volte espresso dal sottoscritto a nome della UIL (a tal proposito, auspichiamo un maggiore investimento di risorse nei controlli che, specie in tempo di pandemia, si sono rivelati poco sufficienti)».

Rossini prosegue il ragionamento: «La questione vaccini/green pass ci sembra (ma speriamo di sbagliarci) alla mercé della libera interpretazione del singolo imprenditore o della singola azienda, di alcuni dei quali abbiamo letto già pareri tra loro contrastanti sulla stampa di questi giorni: libere interpretazioni che, ahinoi, potrebbero legittimare ingiustamente discriminazioni tra lavoratori, incentivando quella guerra tra i poveri (il “divide et impera” dei latini) a cui assistiamo da anni e che non è affatto garanzia né di equità né tantomeno di sicurezza. Come Uil, riteniamo fuori luogo la ricerca da parte di qualche imprenditore di farsi pubblicità con poco sulle spalle dei propri dipendenti: uno per tutti, l’azienda che ha sbandierato su stampa e social che avrebbe erogato la somma di 50 euro ai dipendenti che avrebbero fatto il vaccino, come se la salute fosse monetizzabile e/o si potesse confondere la costruzione di premi aziendali con la sicurezza in azienda».

«Occorre quindi, a nostro modesto parere, mettere dei punti fermi sulla questione da parte di chi ci governa, ricordando che già esistono i protocolli Covid in azienda e che vanno rispettati alla lettera, in particolare dove si precisa che l’accesso nel perimetro aziendale è consentito solo nel rispetto delle norme di sicurezza, a cui si aggiunge la recente normativa art. 3 del decreto legge 105/2021 per il quale le mense aziendali non sono considerate tra le attività ove è obbligatoria la verifica del green pass».

«In estrema sintesi, ci preoccupa assai il quadro generale poiché ci sembra che il “biglietto verde” stia diventando l’ennesima scure in mano alle aziende per discriminare i lavoratori con strumenti e decisioni unilaterali, da cui riteniamo doveroso dissociarci e mettere in campo tutte le tutele necessarie per evitare che questa abitudine possa diventare virale come la pandemia».

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