Pesaro

Barchiesi (Marche Nord): «Basta ritardi, riprendere le terapie per l’Epatite C»

Il direttore del reparto Malattie infettive di Pesaro: «E' necessario che i pazienti ricomincino a curarsi, la pandemia ha rallentato troppo»

PESARO – Basta ritardi, occorre riprendere l’attività ambulatoriale per la diagnosi e la cura dell’Epatite C.

A dirlo il professor Francesco Barchiesi, direttore del reparto Malattie Infettive, Ospedali Riuniti Marche Nord, intervenendo al corso di formazione Ecm sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie.

«Dobbiamo assolutamente approfittare di questa collaborazione tra i centri per le dipendenze patologiche, gli infettivologi e gli epatologi per prendere in carico e trattare i pazienti con epatite C, usufruendo anche dei fondi messi a disposizione dallo Stato con la riallocazione delle risorse per i farmaci antivirali».

Dopo Pozzuoli, Alessandria, Brindisi, Benevento, Siracusa, Roma e Torino, l’ottava tappa è stata quindi a Pesaro, dove si è svolto l’incontro dal titolo ‘Buone prassi e networking nella gestione dell’epatite C in soggetti con disturbo da addiction, al tempo del Coronavirus’.

I corsi di educazione continua in medicina (che saranno in totale 16 su tutto il territorio nazionale) rientrano nell’ambito del progetto ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro societa’ scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), che coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i relativi Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.

Secondo Barchiesi «è necessario che i pazienti riprendano al più presto le terapie interrotte a causa dell’emergenza sanitaria. La pandemia di Covid-19 – ha sottolineato l’infettivologo – ha in qualche modo rallentato la presa in carico, la gestione e l’inizio del trattamento in molti pazienti con patologie croniche. Questo è stato un difetto legato proprio alla pandemia. Ma adesso è necessario che i pazienti riprendano a curarsi, perchè rischiano una progressione della malattia, andando incontro a fibrosi epatica, cirrosi e, se non trattati, anche a tutte quelle complicanze extra epatiche legate all’infezione. Per questo occorre evitare un ulteriore ritardo e riprendere al più presto la nostra normale attività dal punto di vista ambulatoriale – ha aggiunto Barchiesi – per garantire a questi pazienti un accesso alle cure».

 L’infettivologo ha quindi definito «molto importante» la campagna di prevenzione e screening, lanciata da Alleanza contro le epatiti (ACE), che prevede per i cittadini un test congiunto per Covid-19 e epatite C. 

Sull’importanza di riprendere «al più presto» a fare screening sulla popolazione è intervenuta durante il corso anche la dottoressa Giovanna Diotallevi, direttore del dipartimento Dipendenze Patologiche – ASUR Marche AV1, secondo cui per garantire una continuità nelle terapie per i pazienti con epatite C alla base deve esserci «intanto una decisione politica centrale e poi, a cascata, regionale e di sanità dei singoli territori, che deve legittimare questa operazione. Il discorso fondamentale – ha detto – rimane ad ogni modo quello legato alla rete, cioè più che fare tutto da soli, l’importante è gestire le situazioni tutti insieme, coinvolgendo tutti gli altri servizi. Perché più servizi entrano nel bacino di cura, meglio è».

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