Pesaro

Pasticciata alla pesarese, stoccafisso alla sampietrana e tagliatelle di Novilara: ecco il marchio De.Co.

La città “certifica” le sue prelibatezze culinarie per valorizzare l’identità gastronomica del territorio

PESARO – Pasticciata alla pesarese, stoccafisso alla sanpietrana, tagliatelle ai fagioli di Novilara. Tre ricette di gusto tre tesori della tradizione enogastronomica, tre racconti del territorio, da oggi, vanno ad aggiungersi ai Passatelli al pesce, ampliando la lista delle De.Co. di Pesaro, il marchio che «tutela e valorizza i prodotti tipici». A deciderlo è stata la commissione De.Co. di Pesaro riunita per proclamare i nuovi piatti della città che potranno fregiarsi del marchio di Denominazione Comunale che comparirà nei menu dei ristoranti “certificati”.

Il simbolo grafico della De.Co. garantirà al cliente di gustare un piatto, o un prodotto, dalle caratteristiche uniche, certificate e rappresentative del luogo (e degli usi e tradizioni dello stesso) in cui lo sta assaggiando. I piatti saranno riconoscibili grazie al logo identificativo rilasciato dal Comune che attesta l’origine del prodotto, la sua composizione e produzione. Sarà riprodotto nei colori originali, utilizzato sugli imballaggi, sulle confezioni, sulla carta intestata, nelle vetrofanie e sul materiale pubblicitario.

«Essere riusciti in meno di due anni a certificare 4 piatti simbolo della città è un risultato importante – sottolineano Daniele Vimini, vicesindaco e Francesca Frenquellucci, assessora con delega alle Attività produttive –. E un elemento da non sottovalutare in questo anno straordinario di Pesaro 2024 ricco di tanti ‘cittadini temporanei’ che, non mancano occasione di concludere la visita del territorio in un locale che propone piatti tipici, per scoprire la Capitale anche attraverso le sue prelibatezze». Tra l’elenco dei ristoranti che hanno le De.Co. nei propri menu, figura anche l’Osteria Pasqualon, il primo ad aver ottenuto la certificazione dopo l’attenta analisi della Commissione comunale che oggi ha premiato i titolari Fabrizio Bezzicheri e Katia Andreani consegnando una targa.

«Pesaro era deficitaria non in storia e tradizione gastronomica ma nel saperla raccontare – aggiungono Vimini e Frenquellucci -. Lo strumento della De.Co., permette di cogliere la potenzialità di questa narrazione, di far acquisire consapevolezza nei cittadini e nei ristoratori nel valore dei nostri prodotti e della storia che li hanno valorizzati e caratterizzati nel tempo». Una necessità segnalata durante l’appuntamento degli Stati generali del Turismo dagli addetti ai lavori, «Ambasciatori del racconto di gusto della Capitale che passa anche in piatti come la “pasticciata alla pesarese” che ben identifica il territorio vasto della Capitale che congiunge l’intera provincia di Pesaro e Urbino» dicono Vimini e Frenquellucci.

La commissione De.Co. di Pesaro è composta da: Daniele Vimini, vicesindaco; Francesca Frenquellucci, assessore alle Attività Economiche; Marco Fattore, dirigente Economia e Servizio Urbano del Comune (presidente); Piergiorgio Angelini, esperto settore enogastronomico; Patrizia Caimi, Terziario Donna Confcommercio Pesaro-Urbino; Mario Di Remigio, Confcommercio Pesaro-Urbino; Paolo Biagiali, imprenditore del settore; Floro Bisello, Adusbef; Roberto Ortolani, Coldiretti; Davide Ippaso, Confesercenti.

PASTICCIATA PESARESE – STORIA DELLA RICETTA E LEGAME COL TERRITORIO PESARESE

La pasticciata pesarese è una ricetta tipica di questa città marchigiana a base di carne bovina e aromi, un secondo di carne tipo brasata cotto e servito in un sughetto delizioso che rende unico e inconfondibile il suo sapore. La Pasticciata Pesarese è uno dei piatti più tipici e gustosi dell’enogastronomia pesarese, è patrimonio culturale sia della città che delle campagne, una classica ricetta delle feste. Veniva cucinata in occasione delle feste di fidanzamento, quando la famiglia dello sposo si recava per la prima volta a casa della futura nuora. Era il piatto della domenica e delle feste in genere: Natale, Pasqua e ricorrenze varie. Era servito in tutti i matrimoni tradizionali, di solito subito dopo i cappelletti in brodo e prima dell’arrosto misto, ed era sempre servita accompagnata con erbe di campo saltate in padella con l’aglio. Questa preparazione non compare nei ricettari dei libri pubblicati fino agli inizi del ’900. Per la prima volta, nel 1931, viene citata nella “Guida gastronomica d’Italia” del Touring Club Italiano.

Il taglio di carne che si utilizza per questa ricetta è il magatello, detto anche girello, coscia rotonda o lacerto. In realtà è una creazione delle massaie che, si vedevano in casa la “carne grossa”, quella dei bovini vecchi, giunti a fine carriera dopo anni di lavoro. Era carne dura, stoppacciosa, difficile da trattare, destinata a fare il brodo. Solo la maestria di quelle donne poteva inventare un piatto che avrebbe fatto dimenticare la monotonia del lesso (bollito di carne da brodo). Oggi la pasticciata non compare quasi mai sulle tavole domestiche, è proposta solo in pochi menu dei ristoranti, tuttavia è presente in tutte le gastronomie della città, perché oltre alla capacità dello chef, richiede un ingrediente difficile da combinare col resto: il tempo, almeno 5-6 ore. Per una buona Pasticciata, oltre a ottimi ingredienti, serve tempo e tanto amore, perché va curata durante la cottura, va fatta raffreddare bene prima di tagliarla e infine fondamentale la ricottura in padella con il giusto sughetto ed il giusto sapore.

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