Pesaro

Pesaro, oltre mille firme in quattro giorni per salvare l’ex manicomio San Benedetto con un progetto culturale

L'associazione Tocca El Mur ha lanciato una petizione e la risposta è alta. «Si discuta di una fruizione pubblica. La volontà è quella di riappropriarsi di un patrimonio della città»

Il San Benedetto in stato di abbandono (Foto Lorenzo Giaccaglia)

PESARO – Salvare l’ex manicomio San Benedetto di Pesaro: con questo intento la petizione tocca oltre 1000 firme. L’idea è quella di realizzare spazi pubblici dedicati alla cultura e percorsi all’aperto.

A intervenire è l’associazione Tocca El Mur: «Dopo il lancio della lettera aperta per salvare l’ex manicomio e l’invio a Comune di Pesaro e Regione, è aumentata in città l’attenzione per il futuro del San Benedetto. In quattro giorni sono state raccolte 1.020 firme su una singola pagina Facebook alla petizione “Salviamo l’ex Manicomio di Pesaro” e sono arrivate spontaneamente 260 adesioni al Gruppo “Tocca El Mur (Pesaro per il San Benedetto). Anche su questo gruppo sarà da ora possibile firmare la petizione. Questo avvio mostra l’attaccamento dei pesaresi a uno dei complessi – edificio e spazi aperti – più significativi del centro storico, abbandonato ma dalle grandi potenzialità.
Firmare la petizione significa invitare il Comune di Pesaro e la Regione Marche a intervenire urgentemente per salvare il San Benedetto dal degrado, mettendo a disposizione e cercando ulteriori risorse per il consolidamento e la messa in sicurezza, ma anche a ristrutturare l’edificio, i cortili e il giardino con un grande progetto unitario che ne mantenga la destinazione e la fruizione pubbliche».

Il Comune infatti ha parlato di uno spacchettamento del bene, con appartamenti, casa della cultura e uffici. Il consigliere Fi Michele Redaelli ha invece provato ad aprire all’idea di spazi fruibili.

Il gruppo “Tocca El Mur” si dice pronto a continuare «nell’opera di sensibilizzazione dei due enti, ma chiede ai cittadini di firmare la petizione, per mostrare agli amministratori quanto sia forte e condivisa la volontà di riappropriarsi di un patrimonio della città, grazie all’azione di recupero che porti finalmente all’apertura di un luogo chiuso per secoli e alla trasformazione di un luogo di dolore in un’area centrale della vita cittadina».

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