Pesaro

La lettera aperta del Sindaco di Isola del Piano: «Un paese vuol dire non essere soli»

A scriverla è Giuseppe Paolini che si rivolge ai suoi concittadini per fotografare un momento che non ha precedenti nella storia: «Mi sento una persona fortunata perché qui ho le mie radici»

Giuseppe Paolini
Giuseppe Paolini

ISOLA DEL PIANO – Una lettera aperta ai suoi concittadini per cercare di fotografare un momento che non ha precedenti nella storia recente e che coinvolge tutte le persone e tutte le cittadine d’Italia. A scriverla Giuseppe Paolini, Sindaco di Isola del Piano, comune incastonato nel pesarese con meno di 600 abitanti.

«Sono sindaco di un piccolo Comune, Isola del Piano, uno dei Comuni più piccoli della nostra Provincia –racconta il primo cittadino – sono stanco di sentirmi chiedere: a Isola avete contagiati? Come se Isola non facesse parte di un territorio più vasto, come se le vittime degli altri non ci riguardassero, in quelle vittime abbiamo amici e conoscenti, anche se non risiedono a Isola. No, non riesco ad essere contento per Isola, sono addolorato e soffro con le altre persone. Ieri un caro amico ha perso un fratello, come non posso essere coinvolto nel suo dolore!».

Paolini poi si sofferma sulle responsabilità e le preoccupazioni derivanti dal suo ruolo, che sono le medesime di ogni primo cittadino, a prescindere della portata del comune: «Noi sindaci siamo il terminale di tutto e tutti, dobbiamo applicare i decreti di Governo, le ordinanze della Regione, le direttive della Prefettura e così via… nei piccoli Comuni la cosa diventa pesante, non abbiamo grandi dirigenti che consigliano e guidano….dobbiamo, da soli, decidere come interpretare il tal comma o il tal punto. Vi confesso che il giramento di cabasisi è assicurato, ma io sono un sindaco campagnolo e mi adeguo, però sono stanco di essere il parafulmine di cavolate altrui. – e ancora – Come posso controllare tutto? Ho un vigile part-time e ai Carabinieri non posso chiedere di più di quello che fanno. Ho una dottoressa con cui sono in contatto quasi quotidiano, non si lamenta ma, come tutti i medici di famiglia, si sente inerme e soffre senza mai lamentarsi. Sono stanco di rispondere a quelli che vogliono vivere come se non ci trovassimo in piena pandemia. Sono stanco di ripetere che non si può, in questo momento, allargare il lockdown, sarebbe rischioso. Sono stanco dei grafici e curve, oggi siamo in leggera controtendenza, domani chissà….Sono stanco di sentire il numero dei morti. Sono stanco di non sentire i bambini che corrono nei vicoli del Paese. Sono stanco di chi prima malediva medici e infermieri e oggi li chiama eroi…».

Il sindaco poi chiama per nome diversi suoi concittadini, ringraziandoli per l’impegno profuso, per il loro contributo al difficile prosieguo della vita e chiede di non mollare nonostante le stanchezze e le indubbie difficoltà: «Sono stanco di vedere la Tonina da sola, nel piccolo bar, che tiene aperto per noi tabagisti, avrei voglia di abbracciarla. Sono stanco di vedere la Lori e la Laura all’interno della loro farmacia che cercano di sollevare il morale della gente. Sono stanco di vedere il Direttore della Posta protetto da un plexiglas. Sono stanco di vedere Marina, Noemi e Teresa che fanno osservare le distanze di sicurezza. In un Paese il bar e la bottega erano luoghi di scambio e socializzazione, oggi sembrano sale operatorie».

Una stanchezza però che non ha il sapore dell’arrendevolezza e che rilancia la sfida odierna un po’ più in là, con parole di speranza: «Sono stanco ma ripenso a Gino de Bìgolon che mi diceva: caro compagno se c’è un problema cerca di risolverlo. Sono stanco ma penso a Cesare Pavese: un Paese vuol dire non essere soli… E allora forza, Isola è il mio paese, gli Isolani ci saranno sempre. Mi sento una persona fortunata perché qui ho le mie radici che, unite a quelle di tanti altri, formeranno una grande diga da cui potremmo ripartire – e conclude – Sono un sindaco e sono fortunato di essere il sindaco di Isola del Piano».

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