Pesaro

Fine vita, Vitri: «Necessaria una legge nazionale: Regione e azienda sanitaria negano diritti»

La consigliera regionale e membro Ali Diritti Civili interviene dopo la morte di Fabio Ridolfi. «Asur viene diffidata e viola sentenze»

Fabio Ridolfi

PESARO – Fine vita, Micaela Vitri, Responsabile Ali Diritti Civili e Consigliera regionale delle Marche chiede una legge nazionale.

«Nonostante avesse ottenuto il sì all’eutanasia dal Comitato etico, Fabio Ridolfi è morto ricorrendo alla sedazione profonda. Il suo caso, come quello nei mesi scorsi di Mario e di Antonio, dimostrano l’urgente necessità di arrivare a una legge nazionale chiara che faccia valere i diritti di chi soffre senza fraintendimenti, eliminando le pieghe presenti nella sentenza Cappato/Dj Fabo in cui, purtroppo, si insinua quella equivoca discrezionalità delle aziende sanitarie regionali che allunga i tempi e il dolore di chi vorrebbe porre fine alle proprie insopportabili sofferenze in maniera consapevole e dignitosa. 

Sono quasi 4 mila le persone in Italia che ogni anno si rivolgono all’associazione Luca Coscioni per il fine vita, ma solo grazie a chi decide di esporsi, come Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Dj Fabo e Fabio Ridolfi, del quale si terrà oggi il funerale a Fermignano, per fortuna si affronta il tema. Queste tre vicende testimoniano come la bocciatura del referendum sull’eutanasia legale da parte della Corte Costituzionale, che nonostante il milione e mezzo di firme raccolte ha impedito alle italiane e agli italiani di esprimersi liberamente, sia stato un grave errore. Ma anche quanto sia urgente arrivare a una legge nazionale chiara, ben definita».

Sul caso anche l’arcivescovo di Urbino Giovanni Tani ha mostrato delle aperture.

«In questi tre casi, di Fabio Ridolfi, di Mario e di Antonio, costretti a ricorrere alla atroce pratica della sedazione profonda, la Regione Marche ha dimostrato chiaramente cosa va cambiato, perché non è accettabile che gli ostacoli posti da una giunta regionale neghino di fatto diritti a persone gravemente malate e sofferenti, e che un’Azienda Sanitaria Regionale continui a violare sentenze emesse dai tribunali e a essere continuamente diffidata e denunciata da persone a cui il Comitato etico regionale ha già riconosciuto i 4 requisiti per accedere al suicidio assistito».

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