Pesaro

A Fano quasi 100 senzatetto. La scrittrice Cristina Tonelli: «Uno dei fallimenti più gravi delle nostre società moderne»

La Caritas Diocesana si sta battendo per poter garantire almeno i diritti basilari, Fusaro: «Ci stiamo attivando per poter adeguare a norma di legge e mettere a disposizione strutture di accoglienza temporanea per nuclei e soggetti in difficoltà»

Senzatetto
Senzatetto

FANO – In un’epoca in cui il comune denominatore è una ricerca spasmodica del benessere risulta estremamente stonato il fenomeno dei senzatetto, persone senza fissa dimora che risultano invisibili agli occhi dei più. Eppure, solo a Fano, terza città delle Marche ma comunque non certo una metropoli, sono almeno 100 le persone senza un tetto sulla testa. A certificarlo è stata la stessa Caritas locale chiamata in questi giorni a partecipare alla costruzione del piano sociale di zona attraverso tavoli di confronto.

«Ci stiamo attivando per poter adeguare a norma di legge e mettere a disposizione strutture di accoglienza temporanea per nuclei e soggetti in difficoltà – riferisce in una nota il direttore Ettore Fusaro – uno degli obiettivi è provare a rafforzare la tutela sanitaria dei senza fissa dimora in collegamento con le Caritas della provincia ma anche potenziare ed integrare lo sportello digitale per far fronte alle esigenze di tutti coloro che non sono in grado di attivare SPID ed altri servizi digitali e sensibilizzare le amministrazioni sul diritto alla residenza per i senza fissa dimora ed i conseguenti servizi».

«Proprio sulla condizione delle persone senza fissa desideriamo invitare il territorio e le sue componenti sociali ad attivarsi per la costruzione di un progetto partecipato che preveda la realizzazione di interventi di contrasto alla povertà generata dalla crisi pandemica».

Il progetto della Caritas "senzatetto con dignità"
Il progetto della Caritas “senzatetto con dignità”

Su quanto sta accadendo a Fano è intervenuta Cristina Tonelli, giovane scrittrice locale e autrice del libro “Sirena senza coda”, che ha offerto un punto di osservazione lucido e deciso al riguardo.

«In un periodo in cui il comune denominatore è una società prospera e in salute, mi colpisce un aspetto di essa tanto radicato quanto erroneamente normalizzato: i senzatetto. Penso che sia uno dei fallimenti più gravi e lampanti delle nostre società moderne. Un tempo forse, complice anche il fatto che in generale non si viveva certo in un contesto opulento, si era più solidali, complici e comprensivi. Oggi si fatica a solidarizzare con l’altro, a provare empatia per coloro che avvertiamo come inferiori o fallimentari. È un pensiero crudo ma realistico».

E prosegue puntando il dito su uno dei mali che più di tutti attanagliano la nostra società: l’indifferenza. «Spesso ciò che più indigna, oltre allo stesso fatto che esistano persone che debbano condurre una esistenza cosi grama, è l’indifferenza tangibile e scontata che regna sovrana di fronte a tali situazioni, che di riflesso ci fanno sembrare invincibili, forti e realizzati. Incontrare indigenti agli angoli delle città ci fa dileguare celermente provando sollievo per non essere finiti a vivere in tal maniera e, in misura minore, ci fa provare dispiacere e indignazione per l’esistenza di tali situazioni così drastiche. In realtà spesso parliamo di persone che hanno perso tutto per malattia, licenziamenti o divorzi, iniziando una nuova vita fatta di voragini mentali ed economiche. Ciò che fatichiamo a comprendere, è che può capitare a tutti noi: una caduta nella vita che si rivela un domino di perdite sino ad arrivare a stringere il nulla tra le mani. Siamo una società “grassa” che pecca di faciloneria e lussi più o meno faticati e che dà per scontato agi e comodità. Ciò che non concepiamo è il fallimento, restare indietro rispetto a canoni da noi stessi confezionati».

La scrittrice smonta anche alcuni stereotipi che cercano di catalogare e liquidare i senzatetto: «Il profilo dei senzatetto è falsamente omogeneo, in realtà c’è una variegata dimostrazione di vite intense, complicate e di frequente drammatiche. La loro realtà è un mondo fatto di sofferenza e limiti fisici ma sovente anche mentali, ma anche dignità, umiltà e piena coscienza del sé. Persone restie ad accettare aiuti altrui per il vasto orgoglio che portano con sé, grati assai anche solo di qualche moneta allungata, amanti dei loro animali e pronti a proteggerli da tutto. Da essi dobbiamo imparare la resilienza, la dignità, la pazienza di fronte ad una società-maschera, in cui non tutto ciò che luccica è oro ma anzi, a volte è arrugginito e fossilizzato in canoniche regole di facciata».

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