Pesaro

Fano, 1800 km nella notte per scappare dalle bombe: il racconto di Olga, profuga ucraina ospitata a Villa San Biagio

La donna è scappata con la figlia e il nipote nel cuore della notte per fuggire dalle bombe fino ad arrivare a Rimini. Ora è ospitata nella struttura orionina Villa San Biagio a Fano

Olga
Olga

FANO – Le giornate scandite dal rumore delle sirene che avvertono di un nuovo imminente attacco missilistico russo: l’andare in un rifugio al freddo nell’attesa che i boati delle esplosioni finiscano e si possa ritornare alla propria casa, ad una parvenza di normalità, sempre che non sia stata centrata da qualche missile. È la storia di Olga, 65enne ucraina che, dopo aver lavorato per anni in Italia, si è trovata improvvisamente a dover fare una scelta: abbandonare tutta la sua vita o metterla a repentaglio, ogni giorno un po’ di più. Una sera di circa 10 giorni fa, dopo l’ennesimo blitz delle forze armate russe, Olga ha deciso: via dall’Ucraina. Troppo pericoloso rimanere. A raccontarci la sua storia è la diretta protagonista che ora è stata accolta a Villa San Biagio a Fano insieme alla figlia Vittoria di 34 anni e al nipote Massimo, appena 13 anni.

«Vivevo in una cittadina vicino a Ivano-Frankviski, nella parte occidentale del Paese. Da mesi oramai si vociferava che la situazione stava peggiorando: ci arrivavano voci di movimenti militari al confine e che i rapporti tra Ucraina e Russia si stavano deteriorando ma mai avremmo potuto immaginare la guerra» ci riferisce la donna con gli occhi lucidi al pensiero di quanto si è lasciata alle spalle.

«Gli ultimi giorni la situazione era diventata insostenibile: nonostante la zona sud occidentale sia ancora meno devastata di altre, vedevamo i missili dalla finestra: il piccolo aeroporto presente è stato distrutto quasi subito. Io e la mia famiglia, insieme ai residenti della zona, ci rifugiavamo in un bunker presente sotto una fabbrica dismessa, anch’essa colpita da un razzo: vivere con la sirena che ti dice ‘è ora di scappare’ è terribile. Una sera mi sono chiusa in bagno, ho pregato mia figlia e mio nipote di mettersi in salvo e mi sono messa ad aspettare che una bomba colpisse la mia casa».

Nonostante l’emozione, Olga parla un ottimo italiano: ha vissuto e lavorato come a badante prima a Napoli, poi in provincia di Rimini dove si è fatta conoscere ed apprezzare per la sua professionalità ed il suo buon carattere. Da qui la scelta di rifugiarsi proprio in Italia.

«Una sera ho capito che dovevamo andarcene; siamo partiti circa alle 4 del mattino. Ho guidato per oltre 1800 km, ci ho messo tre giorni: io, mia figlia e mio nipote abbiamo attraversato la frontiera in Ungheria, passati per la Slovenia e finalmente siamo entrati in Italia con l’intento di arrivare a Rimini. Mio nipote ha pianto per tutto il tempo: come si può spiegare ad un bambino che da oggi tutto quello che è stato o che ha avuto non esiste più e che deve mettere tutta la sua vita dentro uno zaino?».

Villa San Biagio a Fano
Villa San Biagio a Fano

«Ci siamo rivolti alla Caritas dove abbiamo implorato aiuto. Da Rimini, grazie al passaparola tra sacerdoti don Vittorio, don Volodymyr e don Antonio dell’Opera Don Orione, a cui vanno i nostri più profondi ringraziamenti, siamo stati accolti a Villa San Biagio». Nonostante la felicità per essersi lasciata la guerra alle spalle, gli occhi di Olga si riempiono di lacrime quando volge il pensiero a chi è rimasto a casa: «Mio marito che ha 65 anni – riferisce con la voce incrinata dal dispiacere – avrebbe potuto venire con noi (sono stati arruolati gli uomini dai 18 ai 60 anni) ma non si è sentito di abbandonare la sua terra ed è voluto rimanere a difenderla». Con lui è rimasto anche il figlio di 41 anni ed il genero 30enne. A loro, ma anche a tutto il suo Paese, vanno costantemente il suo pensiero e la sua preoccupazione.

«L’Ucraina è a pezzi: ci sono zone rase al suolo… non so quanti anni ci vorranno a ricostruire: che Dio ci aiuti e fermi questa assurda guerra. Non posso che ringraziare voi italiani che ci avete accolto con tanta disponibilità e tanto amore. Vogliamo ricambiare lavorando».

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