Pesaro

L’allarme del Silb: «Discoteche chiuse a Pesaro, ma aperte in Romagna. Un pericoloso pendolarismo»

Marco Arzeni critica le divergenze che ci sono tra le regioni italiane E dice: «Limitazioni alle sale da ballo, tanti posti di lavoro persi e rischio sicurezza dei ragazzi. È una situazione insostenibile per il settore del pubblico intrattenimento»

Discoteca (Foto di Free-Photos da Pixabay)

PESARO – Musica e discoteche, le regole variano da regione a regione. E il rischio è che i pesaresi si muovano verso la vicina Romagna nei weekend. Argomento non trascurabile anche da un punto di vista della prevenzione di incidenti sulle strade.

A lanciare l’allarme è Marco Arzeni del Silb Confcommerco. «Nei ristoranti, nei bar addirittura nelle discoteche e sale da ballo – che sarebbero i luoghi deputati a questo – non si può ballare, ma neppure far sentire la musica, né chiamare un duo a suonare mentre la stessa cosa è consentita negli stabilimenti balneari o nelle scuole di ballo. Non capiamo la differenza. Ed è la domanda che si pongono centinaia di pubblici esercizi e decine di discoteche. I bar e i ristoranti hanno aperto da pochi giorni con le limitazioni che tutti sanno».

Il fronte discoteche e sale da ballo è aperto. «Sono ancora chiuse con centinaia di posti di lavoro persi. La Regione, come fatto da altre Regioni, deve dare almeno delle risposte alle tante domande che le sono state rivolte dalla nostra Associazione e dagli stessi operatori. È una situazione insostenibile per il settore del pubblico intrattenimento; sono partiti tutti i comparti meno che il pubblico spettacolo».

Ma a pochi chilometri da Pesaro tutto è diverso. «Dal 19 giugno prossimo i locali della Romagna riapriranno; vogliamo che tutti i nostri giovani si riversino sulla riviera a noi vicina o li vogliamo tenere in casa? E i Sindaci che fino a ieri concedevano la possibilità di fare spettacolo anche a chi magari non ne aveva i requisiti con la giustificazione di evitare il tanto pericoloso pendolarismo, ora cosa dicono? Risposte, esigiamo delle risposte e pensiamo siano dovute», chiude Arzeni.

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