PESARO – Il messaggio esca, la chiamata dal finto operatore e i prelevatori pronti a correre ai bancomat. Cinque condanne per i truffatori.
La base logistica era a Pesaro, in un appartamento nel quartiere di Villa San Martino. Tanto che quando le forze dell’ordine hanno effettuato il blitz hanno trovato ben 35 mila euro in contanti.
A processo cinque persone originarie di Torre del Greco dai 23 ai 32 anni. Uno di loro aveva preso il domicilio a Pesaro e da qui sarebbero partite le truffe a raffica. Ben 15 i capi di imputazione per altrettante vittime. Una prassi strutturata e ben organizzata. Tutto iniziava con un sms esca della finta banca. L’allarme è che qualcuno stava tentando di accedere al conto e fare operazioni. Di qui le telefonate alle vittime spacciandosi per finti operatori bancari che avevano rilevato un collegamento da un dispositivo mobile alla home banking.
Il finto funzionario a quel punto spiegava che era necessario effettuare una procedura guidata per poter bloccare indebiti prelievi cardless. Si tratta di prelievi che si possono effettuare agli sportelli anche senza carta, ma che richiedono l’utilizzo di QR code generati all’istante.
I truffatori inviavano alle vittime le foto di questi codici a barre e dall’altra parte li inquadravano e autorizzavano inconsapevolmente i prelievi, quelli veri. Tra i cinque c’era chi telefonava, chi stava al computer per generare codici Qr e poi i “prelevatori”, ovvero quelli che materialmente andavano davanti agli sportelli delle filiali a ritirare i contanti. Qualcuno capiva di essere nel bel mezzo di un tentativo di truffa e riagganciava, ma tanti altri ci sono cascati. Tanto che nell’appartamento c’erano ben 35.500 euro, somma ritenuta dagli inquirenti ricavato delle truffe. L’obiettivo era prelevare contanti per il massimale previsto dagli utenti, così si intascavano anche 2500 euro, o 3000 euro.
Poi sono fioccate le denunce ai carabinieri e alla polizia. E grazie alle indagini tutti sono finiti davanti al giudice. Per loro l’accusa è di truffa aggravata dal fatto di averla compiuta in più persone riunite, dal fatto di avere una base logistica con dotazione di telefoni e computer, ma anche per via della separazione dei compiti tra finti funzionari, operatori e prelevatori.
Due di loro hanno patteggiato a 8 e 10 mesi. Poi le condanne con rito abbreviato a 2 anni, 1 anno e 6 mesi e 1 anno. Solo una signora si è costituita parte civile e ha avuto ragione. Per lei, difesa dal legale Andrea Paponi, il risarcimento per 4.000 euro.