Pesaro

Crisi idrica a Pesaro Urbino: divieti, autobotti e aperture di pozzi. I sindaci: «Stesso problema da anni»

Aperti il Sant'Anna e il Burano per garantire il deflusso. Il sindaco di Cantiano Piccini: «Pulizia dell'invaso del Furlo per avere un mese di autonomia in più»

Il fiume Giordano completamente secco a Cagli

PESARO URBINO – Crisi idrica: divieti, limitazioni, autobotti per rifornire l’entroterra e l’apertura dei pozzi. Un problema cronico che crea anche polemiche e contrapposizioni tra costa ed entroterra. Perché con una pulizia seria degli invasi si sarebbe potuto evitare.

Dal 14 luglio, su decisione dell’assessore regionale Stefano Aguzzi e della protezione civile, c’è stata l’apertura del pozzo di Sant’Anna di Fossombrone (150 l/sec) e dalla riduzione del deflusso naturale di 200 l/sec dell’invaso di Tavernelle che, insieme, forniscono 350 l/sec al Metauro. Poi l’apertura del pozzo del Burano, altra riserva strategica, con 200 l/sec.

Non è tutto perché dal primo giugno al 15 luglio, Marche Multiservizi ha già assicurato il viaggio di ben 350 autobotti e rifornito con 5mila metri cubi d’acqua i serbatoi di 21 Comuni. Sedici sono i suoi soci come Belforte, Borgo Pace, Cagli, Carpegna, Fermignano, Frontino, Frontone, Lunano, Macerata Feltria, Mercatino Conca, Monte Cerignone, Peglio, Piandimeleto, Piobbico, Sassocorvaro Auditore ed Urbania; cinque in convenzione con Aset ossia Colli al Metauro, Fossombrone, Mondavio, Pergola e Sant’Ippolito. Un rabbocco necessario per l’uso idropotabile. Ma ci sono anche gli allevamenti in sofferenza. E poi ci sono i divieti di prelievo, con multe salate per chi fosse sorpreso a prendere acqua per usi non idropotabili.

Da tempo si parla della creazione di un grande invaso, con Aato e Multiservizi che avrebbero anche individuato l’area. Ma non si sta viaggiando spediti. Così come da tempo si invoca la pulizia degli invasi del Furlo, Tavernelle e Sant’Anna. Cosa che partirà la prossima primavera. Ma che è stata rimandata da tempo. Basti pensare che i tre invasi del Furlo, Tavernelle e San Lazzaro hanno una capacità sotto il 50%.

I sindaci sono sempre sul pezzo e non fanno mancare le loro considerazioni. Alessandro Piccini, sindaco di Cantiano è tra i primi cittadini schierati in questa “battaglia”.

«C’è una crisi idrica comprovata. L’apertura del pozzo del Burano era inevitabile. Parliamo di una riserva strategica regionale la cui legittimità giuridica è nelle mani della protezione civile. Un atto dovuto e non contrastabile. Sono state fatte ordinanze per limitare i prelievi, ma c’è tanto imbarazzo nel trovarsi nella stessa situazione di almeno 8 anni fa. Non è stato fatto alcun passo in avanti dal punto di vista degli interventi che servono. Decidere non significa pensare solo a un grande invaso o alla canalizzazione del pozzo del Burano o a un sistema di piccoli laghi. Come Unione montana e sindaci dell’entroterra abbiamo presentato un documento all’Aato delle azioni da fare».

A sinistra il sindaco di Cantiano Piccini, a destra il sindaco di Cagli Alessandri davanti al pozzo del Burano

Ma i tempi sono sempre lenti. «Abbiamo evidenziato le priorità di azioni da mettere in campo. Ed è chiaro che il grande invaso ha tempi lunghi, parliamo di almeno 10 anni. Ma le risposte servono subito. E la pulizia degli invasi con la riduzione delle perdite è fondamentale. Se ne parla da tempo e la prossima primavera Enel inizierà a pulire il Furlo. Andava fatto da tempo. Oggi è a un terzo della capacità. Basta dire che se lo liberiamo possiamo ridare al territorio 2 milioni di metri cubi d’acqua. Cosa significa? Un mese di autonomia in più. Voleva dire arrivare a fine agosto». E invece «ci troviamo con 550 litri al secondo in ingresso al Furlo a fronte di un fabbisogno di 1200».

Tra i temi anche quello di uno studio sulle acque di profondità e in particolare sulla loro rigenerazione. Aato ha incaricato un team di esperti per studiare la situazione.

L’acqua resta anche un tema politico. «È un bene spesso utilizzato come contrapposizione ideologica tra costa ed entroterra – chiude Piccini – la risorsa viene canalizzata per rifornire la costa, ma qui non vediamo compensazioni in termini di servizi, viabilità, sanità. La popolazione si sente un po’ depredata».

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