Pesaro

Confcommercio Pesaro: «Ristori subito e adeguati, ma no alle aperture illegali»

L'associazione ribadisce la necessità di avere risorse per ristoratori, baristi e albergatori al collasso, ma dice no a #Ioapro

PESARO – Ristori subito e adeguati, prima che la categoria collassi. Ma no ad azioni illegali.

Questo è il pensiero della Confcommercio di Pesaro e Urbino/Marche Nord che si dice «assolutamente insoddisfatta dei provvedimenti di ristoro economico per le imprese commerciali, turistiche e dei servizi costrette ad una chiusura forzata od a pesanti limitazioni nell’esercizio della propria attività a causa della pandemia da Covid-19 che sta ancora mietendo vittime e numerosi contagiati ed ammalati in tutto il Paese.

Ai famigliari dei deceduti formuliamo la più sentite condoglianze; agli ammalati, che ancora ed in misura purtroppo crescente affollano le nostre strutture sanitarie, la piena solidarietà e gli auguri di pronta guarigione».

Il tema del lavoro resta al centro. «Le misure di ristoro e di risarcimento dei danni economici sono insufficienti per il mondo della ristorazione e dei pubblici esercizi e del tutto assenti – nell’ultimo decreto – per le imprese alberghiere, commerciali e gestori di strutture sportive e del benessere – spiega il direttore Amerigo Varotti – È quindi ferma e decisa la nostra protesta con l’obiettivo di reperire – a tutti i livelli (nazionale, regionale e locale) – le risorse adeguate alle pesanti perdite accumulate dalle imprese.

Siamo peraltro convinti della necessità di far riaprire subito queste attività nel rispetto di tutti i protocolli e le disposizioni di contenimento del virus che le attività del turismo, del commercio, della ristorazione e dei servizi hanno abbondantemente dimostrato di rispettare per la salute e la salvaguardia dei consumatori, dipendenti e titolari delle attività.

Amerigo Varotti, direttore Confcommercio Marche Nord

Ed è quello che ripetutamente sollecitiamo a livello governativo. Ma la nostra fermezza e la nostra contrarietà ad alcune delle disposizioni restrittive dei vari DPCM non ci induce a comportamenti illegali od a violare la legge con manifestazioni ed azioni che non rispettano la legalità, la salute pubblica e gli stessi interessi delle imprese e dei consumatori.

Per questo siamo assolutamente contrari ad iniziative populiste e demagogiche illegali ed inconcludenti (se non, forse, per gli interessi personali, pubblicitari e politici di qualcuno) che danneggiano l’immagine della ristorazione (nei confronti istituzionali e presso l’opinione pubblica) e rischiamo di creare danni incalcolabili alle imprese ed agli stessi clienti dei nostri ristoranti».

L’associazione è categorica e vuole «ribadire alle imprese della ristorazione e dei pubblici esercizi che l’adesione alla iniziativa di tenere aperti i pubblici esercizi dal giorno 15 contro le disposizioni di legge, significa mettere ancora più in difficoltà le aziende con sanzioni amministrative pecuniarie da 400 a 1000 euro suscettibili di essere applicate sia agli esercenti cha ai consumatori e con la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio da 5 a 30 giorni oltre a poter portare alla configurazione a carico dei trasgressori di gravi ipotesi di reato, come i delitti colposi contro la salute pubblica di cui all’art. 452 c.p. (vedi circolare Ministero dell’interno n. 153o/117). Sino alla possibile sospensione della licenza (art. 100 TULPS).

Nel lasciare pertanto libertà di scelta ai nostri Associati invitiamo a diffidare di tali illegali manifestazioni e di illusori, disinformati ed interessati «profeti» che ancora qualche giorno fa scrivevano di aver fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro i DPCM (“l’unico ad averlo fatto”) o che «il Tribunale di Roma ha sentenziato dichiarando incostituzionali i DPCM di Conte». Tutte falsità ovviamente: perché il Tribunale di Roma non ha emesso una sentenza ma una ordinanza (in una causa civile ad un commerciante di pagare il canone di affitto al proprietario) e non ha assolutamente dichiarato incostituzionali i DPCM semplicemente per il fatto che i DPCM sono atti amministrativi (supportati da una legge) e quindi non sono soggetti al parere di costituzionalità».

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