Pesaro

Urbino, Ca’ Romanino punta sul digitale: ecco un nuovo progetto

La Fondazione Ca' Romanino ha vinto il bando TOCC indetto dal Ministero della Cultura. Il progetto ha un valore complessivo di 53.730 euro

Ca' Romanino (Foto: Fondazione Ca' Romanino)


URBINO – Ca’ Romanino e il patrimonio progettato da De Carlo a Urbino si dematerializzano e si promuovono grazie a un finanziamento del Ministero della Cultura. La Fondazione Ca’ Romanino, infatti, ha vinto il bando TOCC indetto dal Ministero della Cultura e gestito da Invitalia nell’ambito del Pnrr “Transizione digitale organismi culturali e creativi”.

La procedura pubblica era volta a selezionare i migliori progetti di “transizione digitale” proposti dagli enti culturali in vari settori. La Fondazione è risultata tra le poche selezionate nel settore architettura e design (solo un’altra nelle Marche).

Il progetto ha un valore complessivo di 53.730 euro di cui 37.205 finanziati dallo stesso fondo.

Il progetto è stato pensato fin dall’inizio come uno strumento di impatto culturale sul territorio di Urbino, mediante la valorizzazione patrimonio costruito e progettato dall’architetto Giancarlo De Carlo durante i 50 anni di lavoro ininterrotto su Urbino. A presentarlo, di recente, il presidente della Fondazione Ca Romanino Gianluca Annibali, il rettore dell’Università di Urbino Giorgio Calcagnini, l’assessore al Turismo del Comune di Urbino Roberto Cioppi, il direttore di ISIA Giuseppe Biagetti, la curatrice del progetto e co fondatrice della start up Arturo Francesca Gasparetto, per Erdis l’architetta Carmen Zammarchi.

Si tratta di un’opportunità concreta per la Fondazione per mettere a sistema tutto il lavoro fatto negli ultimi anni e, finalmente, portare fuori il suo patrimonio, oltre la casa.

Le attività pensate sono messe in relazione dalla digitalizzazione, che in questo contesto assume due forme sostanziali, che perseguono entrambe l’obiettivo di apertura del sapere intorno al lavoro di De Carlo a Urbino da realizzarsi entro aprile 2025. «La prima digitalizzazione che immaginiamo riguarda l’attività di ricerca, che diventa così condivisa tra gli studiosi interessati al lavoro di De Carlo e, allo stesso tempo, per l’intera comunità. Per raggiungere questo primo obiettivo, stiamo già lavorando alla realizzazione di una piattaforma – già denominata “Atlante De Carlo” – che ha quale scopo ultimo quello di avviare uno scambio continuo con tutti gli attori interessati, stimolando incontri e dibattito sia online che offline», spiega la Fondazione.

Inoltre, dato che la funzione della Fondazione è quella di «prendersi cura e proteggere il patrimonio custodito all’interno dell’abitazione Ca’ Romanino, il secondo lavoro di digitalizzazione riguarda la creazione di un catalogo digitale degli oggetti di arredo, degli elementi decorativi e dei testi/vinili/disegni presenti all’interno della casa di proprietà della Fondazione. L’archivio digitale che verrà creato sarà strutturato come un database online, con l’obiettivo di ampliare le possibilità di ricerca, incrementare le risorse e rendere i documenti accessibili e più facilmente consultabili. Inoltre, è pensato come strumento tecnico per la progettazione della manutenzione programmata dell’intero patrimonio». Quest’ultima attività sarà seguita dalla start-up Arturo srl, società che si occupa di gestione e conservazione del patrimonio attraverso l’impiego di strumenti digitali.

Tutto questo porterà alla creazione di nuovi prodotti culturali, fruibili a più livelli ed in grado di fornire, allo stesso tempo, supporto alla conservazione e alla diffusione del patrimonio di De Carlo a Urbino.

Ca’ Romanino, la casa

Sulle colline di Urbino Giancarlo De Carlo progetta nel 1968 una casa, un’architettura sospesa nell’aria ma ben ancorata a terra. Scavata all’interno della collina, le piante secolari diventano parte integrante della costruzione. Un luogo dove condividere i pensieri, le idee, i progetti, le utopie che hanno acceso gli animi all’epoca dei grandi sogni di rinnovamento. La storia di questa casa ha infatti un inizio lontano e costruita intorno ai forti legami che si intrecciano con la vita di Urbino negli anni in cui Carlo Bo, rettore per oltre cinquant’anni dell’Università, invitò (era il 1954) un giovane amico architetto, Giancarlo De Carlo, per tentare di rinnovare gli spazi universitari e fare della città ducale, ormai ricca solo del suo passato, una città di studi e di cultura.

Così ebbe inizio, da un’inedita geografia di amicizie nate nella guerra di Resistenza e poi nell’entusiasmo
frenetico della ricostruzione, la grande avventura dell’intrecciarsi di scambi e relazioni tra personaggi eccezionali: Vittorio Sereni, Albe Steiner, Antonio Cederna, Elio Vittorini, Carlo Bo e gli amici Sichirollo, Livio, docente di filosofia, e Sonia Morra anche lei insegnante sempre ad Urbino. Furono loro a invitare Giancarlo de Carlo, impegnato in quel momento nel piano urbanistico della città, a progettare una casa su di un colle nei pressi della città ducale.

Della vecchia casa contadina sul colle rimane solo la cantina, profonda cavità testimone della presenza di chi, da tempo immemorabile, ha abitato il luogo.
L’intricata articolazione degli spazi, le ampie finestre delle stanze, i lucernari sui letti, il camminamento che permette di raggiungere, dal piano alto, l’ampio prato di gramigna costruito con i detriti della casa contadina, tutto sembra una sfida alla natura, da cui Ca’ Romanino esce vincente.

Il fulcro della casa, quello che rimane indimenticabile, l’elemento che De Carlo ha pensato per creare una sorta di calore architettonico, sfida all’idea del sacro focolare, è la presenza di un cilindro sovradimensionato, non ornamentale, ma indispensabile fonte di calore: il camino cilindrico rosso attraversa il soggiorno a doppia altezza e congiunge la “piazza” degli incontri alla parte alta dedicata alle cene e alla rotonda dello studio. Anche quest’ultima è racchiusa da un segno curvo, gesto semplice e quasi impercettibile, ma capace di isolarla dal resto del mondo.

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