PESARO – La Filcams Cgil Pesaro e Urbino, in seguito alla rottura della trattativa nazionale per il rinnovo del Contratto Integrativo Aziendale (CIA) e a seguito della proclamazione dello stato di agitazione da parte delle Organizzazioni Sindacali Nazionali del terziario, aderisce allo sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori Lidl per l’intera giornata di sabato 24 maggio 2025.
Il presidio, che coinvolgerà tutte le maestranze della rete vendita della provincia di Pesaro e Urbino, si terrà nel piazzale antistante il punto vendita di Pesaro, sito in via Gagarin, 7, a partire dalle ore 8.
La decisione è maturata al termine dell’incontro con la direzione societaria tenutosi a Bologna lo scorso 14 maggio, dopo una lunga trattativa per il Contratto integrativo aziendale applicato ai circa 23.000 dipendenti in Italia della multinazionale tedesca della grande distribuzione organizzata.
«Scioperiamo perché un’azienda che in media fa 250 milioni di euro in utili all’anno non si può presentare in trattativa con soli 150 euro di buoni spesa. L’impegno delle lavoratrici e dei lavoratori impiegati nella rete vendita, nella logistica e nelle sedi vale molto di più», afferma Roberto Fiscaletti, segretario generale Filcams Cgil Pesaro e Urbino.
Le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali, finora respinte da Lidl Italia, comprendevano la costituzione di un premio di risultato, l’introduzione di una quota fissa aggiuntiva di salario e il riconoscimento dei buoni pasto. «Con un fatturato di oltre 7 miliardi di euro e un utile da 1,3 miliardi in cinque anni è evidente che l’andamento economico di Lidl migliori di anno in anno, ma nessuna redistribuzione a favore di chi lavora; – precisa Fiscaletti – se aumenta il profitto vogliamo che aumenti anche la paga di chi contribuisce a generarlo. Invece l’azienda ha detto no a un premio di risultato, a un incremento in busta paga e ai buoni pasto».
Un altro nodo critico è l’organizzazione del lavoro, con problemi evidenti su carichi, programmazione e certezza degli orari, in una realtà dove circa il 75% dei dipendenti ha un contratto part-time.
Alla luce della rigidità dell’azienda e dell’assenza di un mandato negoziale per avanzare nuove proposte, la mobilitazione è un passaggio necessario per imprimere una svolta alla trattativa.