Pesaro

«Tanti cambiamenti ci stanno destabilizzando»: le parole dell’Arcivescovo di Pesaro per San Terenzio

Nell'omelia per il patrono della città, monsignor Piero Coccia: «Crisi dell'umano, chiamati ad affrontare sfide inedite»

L'arcivescovo Coccia

PESARO – Il messaggio dell’Arcivescovo di Pesaro monsignor Piero Coccia in occasione del patrono di Pesaro, San Terenzio.

«Ci sentiamo dunque e siamo una chiesa chiamata a sperimentare e ad annunciare il mistero del Cristo anche della nostra chiesa di Pesaro. Al riguardo ripetuti e puntuali sono stati gli interventi del magistero di Papa Francesco e dei Vescovi italiani che vanno richiamati, approfonditi ed attuati. Essi focalizzano i tre percorsi a cui l’esperienza di una chiesa sinodale ci chiama e sui quali va posta tutta la nostra attenzione».

Coccia evidenzia i tre percorsi. Il primo: quello spirituale. Poi quello ecclesiale. Da ultimo l’esperienza della sinodalità in senso ampio va vissuta a livello sociale e culturale. 

«Stiamo vivendo una stagione culturale e sociale del tutto particolare. E questo non solo a livello globale ma anche locale e territoriale. E’ cambiata e sta cambiando la visione della persona, della famiglia, del lavoro, della scuola, della politica, delle istituzioni ed altro ancora. Nuovi orizzonti culturali (dove la parola cultura va intesa come cifra interpretativa della vita) si stanno delineando all’orizzonte. Dobbiamo essere sinceri. Tanti cambiamenti ci stanno destabilizzando. A nessuno di noi però è concesso di estraniarsi dai fenomeni del nostro tempo.

L’esperienza della sinodalità ci chiama a camminare insieme ai nostri contemporanei affrontando i problemi, le emergenze, le urgenze, le sfide inedite dei nostri giorni con quella lettura sapienziale che ci perviene dall’esperienza della fede in Cristo. Senza dire poi che come chiesa siamo chiamati a quella generosità collaborativa che sempre deve segnare il rapporto tra comunità cristiana e società.

La sinodalità ci convoca ad abitare il nostro tempo cogliendone le difficoltà, ma anche le straordinarie opportunità che esso ci offre e a farci carico delle nostre responsabilità nel formare le coscienze, nell’offrire una visione della vita positiva, costruttiva, evolutiva segnata dal Mistero del Cristo.

Non dimentichiamo che la crisi che stiamo vivendo è crisi dell’umano. A questo riguardo convinciamoci che quello che può fare la chiesa nessun alto è in grado di farlo. Assumiamoci questa responsabilità vivendo la sinodalità culturale e sociale con il nostro territorio, con le nostre strutture educative, con i nostri luoghi di formazione delle nuove generazioni: la famiglia, la scuola, i centri sportivi e culturali, i luoghi di incontro».

Per l’arcivescovo: «E’ una realtà tutta nuova quella che ci attende e a cui i pastori ci convocano: quella della riforma. Innanzitutto quella del nostro cuore ma anche della prassi pastorale. Non lasciamoci prendere dalla paura né dalla sfiducia, nè dalla nostalgia di un passato che non c’è più. Cristo è vivo ieri, oggi e sempre ci ricorda la lettera agli Ebrei».

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