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Spezzare la catena dei farmaci, Jesi fa da apripista

Apre a settembre al vecchio "Murri" l'Ambulatorio di riconciliazione farmacologica, primo nel suo genere in tutta l'Asur Marche e primo in Italia all'interno di in una struttura ospedaliera. Diretta dal dottor Marco Candela, la struttura si prefigge di assistere pazienti che assumo ogni giorno più di sette farmaci, e di contrastare l'abuso, l'uso erroneo, l'interazione pericolosa tra medicinali

JESI- L’immagine è quella classica del vecchietto che si reca dal medico con la busta zeppa di medicinali, pastiglie e pastiglioni di vari colori e dai nomi impronunciabili. Mostra al dottore le confezioni – saranno almeno venti? – e dice che deve buttarle tutte, perché i farmaci erano quelli della povera moglie che non c’è più. Tra le confezioni ne spiccano due praticamente uguali alla vista dell’anziano, e il medico scopre che ogni giorno per mesi la poveretta aveva assunto per errore le fiale di fermenti lattici attraverso iniezioni e le fiale di antispastico per bocca.

Non è una barzelletta, non fa ridere. È una storia vera, come vera è la storia della ragazza arrivata in ospedale con una forte anemia e risultata positiva all’Helicobacter pylori; per debellare il batterio dell’ulcera le viene prescritto un farmaco, ma esplode una violenta allergia e per uscirne deve prendere altri farmaci, da aggiungere ai già molti assunti quotidianamente per anni.

Sono solo due delle storie locali sull’abuso, l’uso erroneo, l’interazione pericolosa, la leggerezza “prescrittiva” di farmaci, raccontate oggi all’Ospedale “Carlo Urbani” in occasione della presentazione del nuovo “Ambulatorio di riconciliazione farmacologica”, primo nel suo genere in tutta l’Asur Marche e primo in Italia all’interno di in una struttura ospedaliera. L’ambulatorio, che aprirà a livello sperimentale il prossimo settembre all’interno del vecchio “Murri”, è una rarità anche in Italia: nonostante il ministero della Salute abbia promosso, nel dicembre del 2014, la raccomandazione 17 sulla riconciliazione della terapia farmacologica, nel nostro Paese la direttiva è quasi inapplicata e i progetti sperimentali si contano sulle dita di una mano, solo in Piemonte – racconta il dr. Marco Candela, motore di questo progetto a Jesi – esiste una rete di medici che la praticano in maniera sistemica.

La presentazione del’Ambulatorio di riconciliazione farmacologica a Jesi, con Giovanni Guidi, Nadia Storti, Marco Candela, Guglielmo Cherubini, Valentina Ramazzotti, Massimo Bacci, Roberto Grinta

«Con il progressivo invecchiamento della popolazione è cresciuto il numero di soggetti che sviluppano malattie croniche e che nel corso della vita vengono esposti ad un numero sempre crescente di farmaci», ha esordito Candela, direttore del dipartimento Medicina Asur Area Vasta 2. «Ci sono realtà sanitarie che affrontano una polipatologia in modo virtuoso, ma non sempre è così; a volte si eccede nelle prescrizioni di trattamenti polifarmacologici. E il paziente può incorrere in interazioni tra farmaci con esiti gravi o gravissimi – ha continuato – A volte c’è una vera e propria cascata prescrittiva: per ogni sintomo si prescrive un farmaco, per ogni effetto collaterale si aggiunge ancora un altro farmaco. Addirittura il 21% delle persone sopra i 65 anni assume più di 15 farmaci». La riconciliazione farmacologica si prefigge appunto di spezzare la catena, e propone «un virtuoso percorso di de-prescrizione per limitare i danni da farmaci, che riguarda il 2-2,5% di pazienti che prendono un farmaco, ed oltre il 21% di coloro che ne prendono almeno 9».

Che ce ne sia proprio bisogno lo evidenziano fior di ricerche. Diversi studi farmaco-epidemiologici hanno chiaramente documentato come i soggetti oltre i 65 anni, che costituiscono attualmente il 13‐15% della popolazione dei paesi sviluppati, consumano circa il 30‐50% di tutte le prescrizioni mediche. Secondo il registro nazionale Reposi (Registro politerapie Simi, Società italiana di medicina interna), che dal 2008 studia il fenomeno, sei pazienti su dieci sono esposti ad almeno un’interazione farmacologica e due su dieci ad almeno un’interazione rischiosa. Oltre sei milioni di anziani assumono ogni giorno più di cinque farmaci, 1,3 milioni ne prendono addirittura più di dieci. Il 60% di loro è esposto ad almeno un’interazione, che in un caso su quattro può rivelarsi clinicamente grave: l’aumento di reazioni avverse incrementa di conseguenza la probabilità di visite mediche, nuovi ricoveri, e anche la mortalità. Proprio per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera la riconciliazione una delle migliori strategie per garantire la qualità delle cure.

L’ambulatorio di riconciliazione farmacologica nascerà all’interno dell’Unità Operativa di Medicina Interna del Presidio ospedaliero di Jesi, ed adotterà lo strumento “Intercheck” nell’ambito di una importante collaborazione in corso con l’Istituto Mario Negri di Milano. Sotto la guida del Dr. Candela, sarà gestito da un medico internista, un medico di medicina generale del distretto di Jesi ed un farmacista ospedaliero e sarà attivabile in pazienti politrattati (ovvero con farmaci superiori a 7) attraverso impegnativa recante la dicitura “Visita internistica – Ambulatorio Riconciliazione Farmacologica”. La struttura opererà all’interno dell’ospedale ma sarà a servizio di tutta la rete sanitaria del territorio, medici di base, ambulatori, centri diurni, residenze.

Come spiegato dalla dottoressa Valentina Ramazzotti, U.O.C. Medicina Interna di Jesi, inserendo i dati del paziente nella piattaforma digitale di “Intercheck” sarà possibile rilevare e conoscere la terapia farmacologica seguita assieme ad altre informazioni relative all’utente; questo consentirà al medico prescrittore di valutare con attenzione se proseguire la terapia, variarla o interromperla in toto o in parte. La procedura è composta da due fasi: la ricognizione e la riconciliazione vera e propria. Per il dr. Guglielmo Cherubini, medico di medicina generale di Jesi, e il dr. Roberto Grinta, direttore del servizio farmaceutico, il progetto sarà di fondamentale importanza per «aumentare l’integrazione tra l’ospedale ed il territorio».

Per la dott.ssa Nadia Storti, direttore sanitario dell’Asur Marche, «nell’ospedale di Jesi rendiamo visibile una pratica che tutti dovrebbero fare, nei reparti di medicina generale, negli ambulatori, negli ospedali, nelle residenze. Vedremo i risultati da qui a sei mesi, ma l’auspicio è che l’esempio di Jesi sia un apripista, un modello da seguire». Presente anche all’incontro il nuovo direttore dell’Area vasta n. 2, Giovanni Guidi, secondo cui «fondamentale è l’alleanza tra tutti i professionisti della sanità e le strutture per arrivare a centrare un obiettivo raccomandato da anni dal Ministero», ed il sindaco di Jesi Massimo Bacci, che ha sottolineato «il messaggio positivo che arriva con questa iniziativa dalla sanità locale. Le criticità ci sono, ma gli operatori sanitari lavorano con grande abnegazione e le buone pratiche non mancano».

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