Osimo

Osimo, focus sullo stato delle imprese dopo la crisi

L’analisi di Andrea Cantori, segretario della Cna della zona a sud di Ancona: «I dati degli ultimi anni, se analizzati in un arco di tempo lungo, dimostrano che la città si sta trasformando. Le imprese si sono stabilizzate nel numero, si stanno riprendendo lentamente ma sono ancora tante quelle al palo»

OSIMO – La fotografia del comune di Osimo dal 2009 a oggi attraverso un’analisi di più parametri (nati-mortalità imprese, redditi e altro), porta a disegnare il contesto economico attuale con una stabilizzazione della nati-mortalità delle imprese e una ripresa della ricchezza prodotta in termini di redditi ma concentrata e non distribuita. «Prendendo in riferimento il 2009 (primo anno di crisi), possiamo notare come lo stock di imprese attive è sostanzialmente immutato: al 30 aprile 2009 erano tremila e 299 mentre al 30 aprile 2017 tremila e 227 – spiega Andrea Cantori, segretario della Cna della zona a sud di Ancona –. Si tratta di 72 imprese in meno, cioè il 2,18 per cento di diminuzione in nove anni. Un risultato che è costellato da picchi e discese e che però testimonia come sostanzialmente, dopo il crollo pesante della crisi del 2015, siamo in una situazione di recupero».

Andrea Cantori Cna
Andrea Cantori Cna

Il dato che più caratterizza questa breve analisi è quello sul reddito dichiarato nel comune di Osimo, informazione che però si ferma al 2015. «Dal 2009 al 2015 i redditi degli osimani sono aumentati come la popolazione ma i contribuenti sono rimasti stabili – continua Cantori -. In pratica il reddito medio per dichiarante passa da 18mila e 771 del 2009 a 20mila e 710 del 2015. I dichiaranti, in sei anni, rimangono stabili a 24mila e 901 mentre la popolazione aumenta da 33mila e 270 a 34mila e 977. In pratica aumentano i redditi di chi ne ha già uno e contemporaneamente aumenta chi non ha reddito. Siamo di fronte a una ripresa che non è per tutti. Si accentua il divario tra le imprese: ci sono quelle che esportano direttamente o che sono collegate alla catena del valore dei prodotti esportati, cui le cose vanno meglio, ma ci sono ancora molte imprese che fanno fatica. Queste ultime sono generalmente più legate al mercato interno e meno alle esportazioni e beneficiano poco dei timidi segnali di ripresa, lenti e discontinui, tipici, appunto, del mercato interno. Abbiamo smesso di cadere insomma ma la discesa è stata repentina e profonda e ora, mentre alcuni stanno risalendo alla grande tirati da export ed innovazione, ce ne sono molti che non riescono a scalare la parete che appare loro sempre più ripida, zavorrati da pesanti prestiti presi negli anni passati».

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