Osimo

Si spacciavano per marescialli dei carabinieri per estorcere denaro agli anziani: in manette anche il padre dei due fratelli napoletani

I malviventi sono autori di 70 truffe del genere commesse su tutto il territorio del Centro-Nord Italia. L'ammontare del profitto ammonta a 300mila euro, introiti con cui si potevano permettere case lussuose in stile "Gomorra". A fermarli i carabinieri di Osimo. Manca ancora un tassello: un terzo complice nel ruolo di “telefonista”

Il Capitano Raffaele Conforti e il Luogotenente Luciano Almiento

OSIMO – «Pronto? Buongiorno signora, sono il maresciallo dei carabinieri. Non si allarmi, la chiamo perché suo nipote è rimasto coinvolto in un incidente stradale. Sta bene ma l’abbiamo trattenuto in caserma. Ci sarebbe una somma da pagare per risarcire il danno e farlo tornare a casa senza problemi giudiziari». Così gettavano nel panico le loro vittime per convincerle, con l’inganno, ad estorcere cifre che potevano arrivare anche a seimila euro. I malviventi sono autori di 70 truffe del genere commesse su tutto il territorio del Centro-Nord Italia (Marche, Abruzzo, Molise, Toscana, Umbria, Lazio e Liguria): solo nella seconda decade del mese di marzo dell’anno scorso avevano portato a termine 20 colpi. Nella provincia dorica hanno “messo le mani” su Ancona, Numana, Sirolo, Jesi, Osimo, Polverigi, Agugliano, Filottrano e Loreto. Un giro di affari stroncato dai Carabinieri di Osimo proprio in queste ore nell’ambito dell’operazione “True justice 3”.

Tale padre, tali figli: Nel novembre scorso i militari avevano arrestato due fratelli napoletani e oggi anche il padre, tutti e tre sconosciuti fino alle forze dell’ordine fino al momento dell’arresto, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e alla truffa continuata aggravata. Sono stati scoperti grazie ad alcune segnalazioni, giunte ai militari del Norm, nelle prime ore della mattinata del 28 marzo dell’anno scorso, quando alcune anziane hanno ricevuto la telefonata da parte del finto maresciallo dei carabinieri. In tempi strettissimi arrivavano a casa della vittima, prendevano contanti e gioielli e rapidamente li reinvestivano in acquisti utili all’organizzazione oppure li nascondevano in bonifici o, ancora, li scambiavano nei “Compro oro”. Pensavano di potersi avventurare nella tranquilla zona alle pendici del Conero per mettere a segno truffe e garantirsi così profitti illeciti ma non avevano fatto i conti con i Carabinieri e con il fatto che, quelle donne, fossero pronte a non cadere nella loro trappola. Oggi si trova dietro le sbarre del carcere di Napoli Poggioreale E.A., 64 anni, (padre dei due appunto), artefice e promotore di tutta la sequela dei delitti contestati nonché fondatore dell’associazione a delinquere. Sono stati gli stessi carabinieri di Osimo ad andare in trasferta a Napoli accertando anche la lussuosa abitazione in cui lo stesso viveva, in stile “Gomorra la serie”.

I fatti dell’anno scorso
L’anno scorso era andata male ai figli di 33 e 37 anni perché ben quattro donne, residenti a Numana e Sirolo e due a Loreto, avevano chiamato i veri carabinieri che erano riusciti a bloccarli: erano in possesso di vari telefoni cellulari utilizzati per contattare le vittime, sottoposti a sequestro insieme ad un navigatore satellitare dove erano indicati tutti i luoghi raggiunti per compiere la loro attività delittuosa. Il vero maresciallo dei carabinieri in abiti civili e con auto con targa di copertura, si era già recato sul posto per individuare i due malfattori che si erano tra l’altro confusi tra i pellegrini che si recano quotidianamente alla basilica lauretana.

“True justice”
L’intuito degli investigatori osimani, sotto l’attenta direzione del pm Rosario Lioniello della Procura di Ancona, titolare delle indagini, guidati dal maggiore Raffaele Conforti, comandate della Compagnia, e coordinati dal luogotenente Luciano Almiento del Norm, hanno continuato ad analizzare le numerose utenze e celle telefoniche, a visionare i filmati delle telecamere di vari Comuni, ad accertare i tragitti autostradali e sono arrivati al padre. Manca ancora un tassello: un terzo complice nel ruolo di “telefonista”. Parte della refurtiva è stata recuperata e restituita alle vittime degli ultimi raggiri ma le verifiche cominciate nel marzo 2017 hanno fotografato un fenomeno molto più diffuso.

Il “modus operandi”
Il copione era sempre lo stesso, con la variabile del finto avvocato al posto del maresciallo, e la truffa veniva ripetuta sistematicamente a ritmi regolari tanto da mettere in atto un vero e proprio “pendolarismo criminale”. Fissata la base in una località tranquilla, la banda batteva a tappeto in un solo giorno tutta l’area in un perimetro di un centinaio di chilometri, riuscendo a portare a casa anche diecimila euro a telefonata. Per eludere le investigazioni prendevano le auto a noleggio, cambiavano continuamente le sim telefoniche e dopo aver preso i soldi tornavano a casa pronti per ripartire per una nuova “trasferta”. Tracce del loro passaggio se ne trovano in tutte le regioni a eccezione della Campania e delle isole. L’ammontare del profitto ammonta a oltre 300mila euro tra denaro contante e monili in oro.

«Un successo dovuto all’impegno delle pattuglie di Carabinieri dispiegate sul territorio nella repressione e soprattutto nella prevenzione – afferma il maggiore Raffaele Conforti -. Giriamo il territorio per incontrare gli anziani per confortarli e invitarli a denunciare, denunce che vengono verbalizzate presso le loro abitazioni. Alcuni hanno paura ma devono essere tranquilli perché è grazie al coraggio di chi l’ha fatto che abbiamo compiuto questa brillante operazione».

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