Macerata

«Avevo la pistola per paura di un albanese»: civitanovese condannato per una scacciacani modificata

In tribunale il 23enne si è difeso dicendo che aveva paura di un albanese con cui aveva una questione aperta per presunti debiti. Per lui 1 anno, 4 mesi e 20 giorni di reclusione

MACERATA – La notte tra venerdì 10 e sabato 11 luglio si era trovato i carabinieri in casa per effettuare una perquisizione. A convergere nell’abitazione di un 23enne civitanovese che lavora come aiuto cuoco in un ristorante, erano stati i militari della locale Stazione insieme ai colleghi della Stazione di Recanati che al termine dei controlli gli avevano trovato una scacciacani modificata con due cartucce in canna.

Come appurato successivamente dagli inquirenti si trattava di una pistola scacciacani a salve modello Beretta 85 calibro 8 modificata in maniera rudimentale ma sufficiente per renderla un’arma a tutti gli effetti con il serbatoio inserito e caricato con due cartucce calibro 9 corto. Il giovane era stato quindi arrestato e portato in carcere a Montacuto. Il giorno successivo il 23enne venne condotto in Tribunale a Macerata per la convalida dell’arresto. In quell’occasione si avvalse della facoltà di non rispondere e il giudice Federico Simonelli dispose la custodia in carcere così come chiesto dal pubblico ministero Francesca D’Arienzo vista la recidiva reiterata infraquinquennale del giovane e il fatto che aveva commesso i reati mentre beneficiava dell’affidamento in prova disposto dal Tribunale per i minorenni di Ancona in alternativa alla detenzione per una precedente condanna.

L’udienza era stata quindi rinviata ad oggi per la discussione con rito abbreviato, il civitanovese era accusato di detenzione di arma clandestina e ricettazione. Prima di discutere il 23enne, difeso dall’avvocato Gian Luigi Boschi, ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee e ha riferito che la pistola modificata ce l’aveva per difesa personale perché aveva paura di un albanese con il quale aveva una questione aperta per motivi di debiti.

Il pm D’Arienzo ha chiesto la condanna a due anni e sei mesi di reclusione, ma il giudice lo ha condannato a una pena più lieve, un anno, quattro mesi e 20 giorni di reclusione, lo ha assolto dall’accusa di ricettazione e ha disposto la misura degli arresti domiciliari.  

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