Macerata

Omicidio di Rosina Carsetti, il papà di Enea: «Lui è un buono, non l’ho mai visto compiere un gesto d’ira»

Dopo la sentenza, dal carcere il 20enne ha chiamato la zia paterna per sapere come stava la nonna. La stessa sera Arianna ha chiamato la sorella dell'ex marito e le ha detto: «Dobbiamo essere uniti adesso»

Enea Simonetti

MONTECASSIANO – «Sono troppo addolorato. Ci metto la mano sul fuoco che lui da solo non ha potuto fare niente». A distanza di qualche giorno dalla sentenza con cui la Corte d’assise di Macerata ha condannato il 20enne Enea Simonetti all’ergastolo ritenendolo l’autore materiale dell’omicidio della nonna 78enne Rosina Carsetti e l’unico colpevole di quel delitto (la mamma 50enne Arianna Orazi e il nonno materno 80enne Enrico sono stati invece assolti, a fronte della richiesta del pubblico ministero della condanna all’ergastolo anche per loro) il papà del ragazzo, Daniele Simonetti, è ancora sconvolto per l’esito del processo di primo grado. «Ci metto la mano sul fuoco che lui da solo non ha potuto fare niente. Assolutamente. Io con lui c’ho parlato tantissimo, lui mi dice sempre che non c’era, la mamma mi ha scritto delle lettere in cui mi diceva che Enea non c’entra niente. Giovedì sera (la sera della sentenza con cui è stata disposta anche l’immediata scarcerazione della madre del 20enne) mi ha chiamato Arianna, ho risposto, quando ho sentito che era lei ho richiuso. È senza pudore quella donna, per me non esiste più. In passato avevo anche pensato di andarla a trovare, volevo fare un gesto bello, però adesso, con quello che è successo, sapendo che Enea sta in carcere per colpa sua, non esiste proprio».

Quella stessa sera Arianna ha chiamato anche la cognata, la sorella dell’ex marito, per informarsi su come andare a trovare il figlio in carcere. «Le ha detto – ha raccontato Daniele Simonetti – “Dobbiamo essere uniti adesso”, ma uniti di cosa? Questa storia mi ha provocato un dolore indescrivibile, vivo per inerzia. Enea fondamentalmente è un buono, è buono come me, io non l’ho mai visto compiere un gesto, uno scatto d’ira, mai, mai. Lo giuro su me stesso, lui se può aiutare qualcuno lo fa. Lì in carcere ha avuto un compagno di cella che si è sentito male e poi è morto. Mi ha detto “Papà io ho fatto di tutto per cercare di aiutarlo, quando uscirò da qui voglio andare a trovare la sorella per dirglielo”. Giovedì sapendo che la nonna (paterna) era preoccupata e stava a casa da sola perché noi eravamo tutti in tribunale, quando è arrivato in carcere ha chiamato mia sorella sul cellulare per sapere come stava la nonna. Capisci? Non ce lo vedo io. È assurdo. E lui mi ha detto sempre “Io papà non c’ero”. Mercoledì mattina c’era un open day a Montacuto, sono andato con mia sorella e siamo stati quattro ore insieme, io c’ho parlato. Lui lo sa, io non voglio essere preso in giro, ma non solo per me, vorrebbe dire che ha preso in giro anche mia sorella che lo ha sempre aiutato».

Su questo Daniele Simonetti è deciso ad andare avanti: «Tartasserò Enea per sapere quello che è successo. Se lui ha fatto qualcosa è giusto quello che è successo, mi rassegno e gli vorrò molto più bene di adesso, perché vorrebbe dire che è stato sincero con me. Uno una menzogna la può raccontare ma non si può vivere con una menzogna del genere a vita. Io voglio sapere la verità, ci devo vedere chiaro, ma io non posso credere a questa cosa. La mamma l’ha rovinato, lui ha una vita davanti».

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