Macerata

Oltre 700 persone scomparse nelle Marche: «Fenomeno in aumento, non bisogna abbassare la guardia»

Intervista alla presidente dell'Associazione Penelope, Giorgia Isidori: «È uno stato difficile da raccontare quando non lo si vive, perché è una situazione che non è né di vita, né di morte»

famiglia, bambino
(Foto da Pixabay di MabelAmber)

MACERATA – Sono oltre 700 le persone scomparse in tutte le Marche. Per lo più bambini, spariti di casa da un giorno all’altro nella disperazione delle famiglie che non perdono mai la speranza di poterli riabbracciare, nonostante per qualcuno siano passati anni. Lo sa bene Giorgia Isidori, presidente dell’associazione Penelope Marche, che ha perso suo fratello Sergio, scomparso nel nulla il 23 aprile del 1979, a Villa Potenza, una frazione di Macerata. Giorgia, nata tre mesi dopo la scomparsa del fratello, non si è mai arresa e così, insieme con la sua famiglia, ha fondato la rete territoriale di “Penelope Marche“, per affiancare tutti coloro che vivono questo dramma.

Giorgia Isidori presidente di Penelope Marche

Presidente perché si parla sempre poco delle persone scomparse?
«Perché probabilmente è scomodo e viene ricordato solo il 25 maggio in occasione della “Giornata dei bambini scomparsi” o il 12 dicembre per la “Giornata delle persone scomparse”. Invece dovremmo sempre tenere alta l’attenzione perché il fenomeno è in aumento».

Ci può dare alcuni dati?
«Dal primo gennaio 1974 al 30 giugno 2021 (secondo i dati forniti dalla relazione semestrale curata dall’ufficio del commissario straordinario del governo per le persone scomparse), nel nostro Paese mancano all’appello 63.620 persone e, solo nei primi sei mesi di quest’anno, sono state fatte 7.947 denunce di scomparsa. Di queste 3.928 persone sono state ritrovate, ma questo significa che ancora mancano 4.019 persone. Nelle Marche, dal primo gennaio 1974 al 31 dicembre 2020, mancano all’appello 726 persone, di cui 616 sono minori».

Come si vive quando un proprio familiare sparisce nel nulla?
«È uno stato difficile da raccontare quando non lo si vive, perché è una situazione che non è né di vita, né di morte. Noi non conosciamo la sorte dei nostri familiari, io mi chiedo sempre se mio fratello sia ancora vivo, oppure no. È una domanda che mi sto facendo da 42 anni, le nostre vite di familiari sono sempre piene di domande. Noi, per esempio, per mio fratello abbiamo sempre ipotizzato che sia stato preso da qualcuno, non abbiamo mai pensato che, a cinque anni, possa essere andato via da solo da casa. Mia madre a volte lo pensa vivo, con un’altra famiglia».

Come si va avanti?
«Cercando sempre la verità e mettendo in campo tutte le forze e le strumentazioni possibili, non lasciando nulla di intentato. Per questo, ad esempio, abbiamo anche promosso il progetto “Memorie”, andato già in scena a Macerata, con Ottavia Maria Maceratini, Allì Caracciolo, il maestro Franco Alfonsi e che vogliamo riproporre. È uno spettacolo in cui c’è l’angoscia del nostro vissuto quotidiano, ma che finisce con una speranza, perché noi non ci fermiamo».

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