Macerata

Macerata, fonte Canepina torna alla luce. L’assessore Iommi: «È una delle più antiche della città»

Datata 1469, in realtà potrebbe risalire anche al Duecento. Venne restaurata nel 1569, ma poi negli anni è stata ricoperta da erbacce e arbusti

Una fonte antica ritrovata a Macerata

MACERATA – La passione per la ricerca e il recupero delle fonti storiche di cui è piena Macerata, lo hanno accompagnato da sempre. Tanto che l’assessore Silvano Iommi, grazie alle sue tante ricerche, ha anche scritto un libro “Fonti, fontane, lavatoi e fontanili. Le acque nel Comune di Macerata” in cui, insieme a Mariella Troscè e Gianfranco Pasquali, oltre a ricostruire la storia di quante più fontane fosse possibile, è proprio “sceso in campo” nel senso che è andato nei campi, nei prati e nelle campagne per documentare quanto di quelle antiche fonti fosse ancora visibile o recuperabile.

L’ultimo suo impegno è stato lungo via Mattei, dove nel campo a pochi metri dal supermercato Oasi, è riuscito a far tornare alla luce Fonte Canepina, fino a poche settimane fa ricoperta da erbacce e arbusti cresciuti negli anni, che oramai l’avevano completamente nascosta alla vista. «Si tratta di una delle fonti più antiche di Macerata, perché già nel 1210 la zona denominata Cana Pina a Macerata appare in un atto notarile di una donazione redatta all’Abbadia di Fiastra – spiega l’assessore Iommi -. Poi le viene cambiato nome in Cantapina, ma è nel 1479 che abbiamo le prime testimonianze della fonte pubblica». Nonostante la fonte non si trovi proprio a ridosso del centro storico della città, veniva considerata a tutti gli effetti come un fontanile periurbano, da cui zampillava acqua di ottima qualità.

L’assessore all’Urbanistica del Comune di Macerata, Silvano Iommi

«Un primo restauro risale al 1569, secondo quanto si legge dagli atti di Pompeo Compagnoni, che riporta come sulla fonte fosse presente anche lo stemma di una famiglia nobiliare – continua ancora Iommi, ricostruendo la storia della fonte -. Nel 1643 se ne parla ancora ed è chiamata Moje, cioè acquitrinosa, ma anche fonte Canepina. Nel 1663, infine, uno scalpellista aggiunse anche due mascheroni che oggi non sarebbero più visibili». Una fonte che è cambiata nel tempo, quindi, e si cui ora si cercherà di capire cosa è rimasto. Fino agli anni Cinquanta-Sessanta era ancora visibile, tanto che l’assessore racconta come molti dei residenti del vicino rione Marche andavano a giocare proprio in quella zona. Oggi sono tornate visibili le due arcate, ma si scaverà ancora per vedere di trovare una pavimentazione, facendo defluire l’acqua stagnante.

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