Macerata

Inchiesta sui presunti complici di Oseghale, i familiari di Pamela chiedono di non archiviare

Si è svolta in Tribunale a Macerata l'udienza di opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura generale nei confronti di due gambiani di 23 e 27 anni

L'avvocato Marco Valerio Verni

MACERATA – Per la Procura non ci sono sufficienti elementi per sostenere l’accusa in giudizio, per i familiari di Pamela ci sono discordanze da sanare e dubbi da chiarire. Nei prossimi giorni il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, Claudio Bonifazi, scioglierà la riserva e comunicherà la decisione. Al centro della discussione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura generale di Ancona c’è l’indagine sui presunti complici del nigeriano Innocent Oseghale nell’omicidio della 18enne Pamela Mastropietro avvenuto il 30 gennaio del 2018 in un appartamento mansardato di via Spalato a Macerata.

Pamela Mastropietro

Si tratta della terza indagine nei confronti dei presunti complici del nigeriano (le altre due si sono concluse con l’archiviazione degli indagati). Quella finita oggi all’attenzione del gip fu avviata all’epoca dalla Procura di Macerata, era a carico di ignoti quando il 3 settembre 2020 l’allora procuratore generale Sergio Sottani avocò a sé il fascicolo delegando nuovi accertamenti ai carabinieri del Ros. A maggio del 2021, dopo otto mesi, vennero iscritti sul registro degli indagati due gambiani di 23 e 27 anni. Le ipotesi di reato a loro carico non erano solo il concorso in omicidio, ma anche nel vilipendio e nell’occultamento di cadavere. Per quanto riguarda la posizione del 27enne, in passato assiduo frequentatore della casa di Oseghale, era stata ritrovata un’impronta sulla portafinestra del balcone nei cui pressi era stata fatta a pezzi la 18enne. Sia a lui che al connazionale gli inquirenti arrivarono attraverso l’intercettazione di una conversazione in carcere tra i due iniziali coindagati di Oseghale poi scagionati che avrebbero parlato di un aiuto non meglio precisato che quest’ultimo avrebbe ricevuto da amici gambiani. Ma né questa conversazione (avvenuta quando i due arrestati potevano aver immaginato di essere intercettati e di cui non avevano più fatto cenno in altre conversazioni né precedenti né successive a quella) né gli ulteriori accertamenti svolti avevano portato a raggiungere una prova certa a loro carico, per cui la Procura generale chiese l’archiviazione per entrambi.

I familiari di Pamela tramite l’avvocato Marco Valerio Verni presentarono opposizione e questa mattina il procedimento è stato discusso. I due gambiani erano difesi dall’avvocato Federica Nardi oggi sostituita dal collega Massimo Pistelli. «Noi abbiamo chiesto che venisse fatta luce su alcune discordanze importanti emerse dalle indagini – ha spiegato l’avvocato Verni all’uscita del Palazzo di giustizia – che hanno riguardato non solo gli odierni indagati anche altre persone le cui posizioni sono state archiviate. Non siamo visionari, non facciamo opposizione su tutto, chiediamo solo che vengano chiariti i dubbi emersi nel corso delle indagini. Tra le discordanze emerse c’è un accertamento su un Notepad per cui il consulente della Procura ha detto una cosa e il nostro un’altra, abbiamo chiesto una consulenza super partes. Cerchiamo semplicemente giustizia, aiutateci a dirimere queste situazioni. Sono emerse anche discordanze tra un consulente della Procura generale e i Ros. Ci sono situazioni non portate a compimento, riconosciamo il grande lavoro fatto dalla Procura generale che ringraziamo, ma a nostro parere manca qualcosa, era stata la stessa Procura dorica a non escludere in via assoluta che non potesse esserci qualcun altro».

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