Macerata

Delitto di Alika, Ferlazzo condannato a 24 anni. Concesse le attenuanti ma resterà in carcere

La sentenza in Corte d’Assise a Macerata. Filippo Ferlazzo è stato condannato per l'omicidio volontario dell'ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu. L’aggressione mortale era avvenuta il 29 luglio del 2022

Il tribunale di Macerata

CIVITANOVA – Il 32enne salernitano Filippo Ferlazzo è stato condannato a 24 anni di reclusione per aver ucciso il 29 luglio 2022 l’ambulante nigeriano 39enne Alika Ogorchukwu che aveva chiesto l’elemosina allungando un braccio verso la compagna dell’assassino. Lo ha stabilito oggi la Corte d’Assise di Macerata che ha condannato l’imputato anche al pagamento di una provvisionale di 350.000 euro per la vedova e il figlio minore, e di 40.000 euro ciascuno per altri 4 parenti di Alika, oltre al risarcimento che dovrà essere definito in sede civile. Dopo aver letto il dispositivo la Corte ha dato lettura dell’ordinanza con cui ha respinto l’istanza della difesa che aveva evidenziato l’incompatibilità delle condizioni psichiche di Ferlazzo con il regime carcerario. «Non emergono indici di incompatibilità», ha motivato il presidente della Corte Roberto Evangelisti.

A destra il procuratore Giovanni Narbone, a sinistra il sostituto Claudio Rastrelli

«La Corte – ha commentato al termine del processo il procuratore Giovanni Narbone – ha accolto la ricostruzione e la valutazione in termini di diritto effettuate dall’Ufficio ed esposte efficacemente dal collega che ha sostenuto l’accusa». «Ho avuto solo sei anni di sconto», ha invece detto Ferlazzo uscendo dall’aula. «Una battuta che vale quello che vale», è stato il commento del difensore, l’avvocato Roberta Bizzarri che, seppur soddisfatta della concessione delle attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante dei futili motivi, ha anticipato che ricorrerà in Appello dopo aver letto le motivazioni ritenendo che si sia trattato di un omicidio preterintenzionale e non volontario.

La discussione, durata complessivamente meno di due ore e mezza (come la successiva camera di consiglio, Ndr), è iniziata con la requisitoria del pubblico ministero Claudio Rastrelli che ha ripercorso i momenti dell’aggressione, avvenuta poco dopo le 14 dopo che Alika aveva avvicinato Ferlazzo e la compagna per chiedere l’elemosina, aveva allungato un braccio verso la donna per poi allontanarsi dopo il loro rifiuto. «È stata un’aggressione brutale – ha puntualizzato il pm –. Alika non aveva fatto niente, aveva solo chiesto l’elemosina. È stato ucciso come si uccide un animale. È morto in pochi secondi». Cosa ha portato Ferlazzo a reagire in quel modo? Per la Procura all’inizio aveva avvicinato l’ambulante perché voleva un chiarimento, poi però quando lo ha aggredito è scattata la rabbia e non si è fermato più. Per questo il 32enne avrebbe agito con «dolo diretto d’impeto – ha continuato Rastrelli –, con la rabbia che caratterizza la sua esistenza. Ferlazzo ha sempre avuto questo modo di comportarsi nella vita, è irascibile, rabbioso, è un contenitore dove c’è rabbia, insofferenza, inquietudine, malessere interiore, ha una instabilità emotiva e ha sempre reagito così. Quel giorno sapeva che poteva fermarsi ma ha continuato a stringere il collo di Alika perché voleva neutralizzarlo. Non ha dato un pugno, uno schiaffo, un calcio, tutta la sua rabbia l’ha riversata sul collo della vittima eseguendo una presa molto diffusa nelle arti marziali, la cravatta».

Sulla causa della morte, per il medico legale Ilaria De Vitis questa va ricondotta a una “asfissia acuta e concomitante shock ipovolemico”, ma per la Procura a provocare la morte di Alika sarebbe stata l’asfissia e non la rottura della milza, per questo in fase di autopsia il medico legale aveva trovato poco sangue perché l’arresto cardiocircolatorio generato dall’asfissia avrebbe fatto diminuire la pressione del sangue. Il pm ha concluso chiedendo che non venissero applicate le attenuanti generiche: «Ferlazzo sa da quando ha 19 anni che se non prende le medicine esplode. Un medico del pronto soccorso gli aveva detto che doveva prendere i farmaci ma lui si era rifiutato perché voleva provare emozioni e non voleva ingrassare. Faceva uso saltuario di stupefacenti pur sapendo che lo rendevano ancora più pericoloso ed esplosivo. Ha più volte detto il falso, ha simulato sempre e probabilmente lo sta facendo anche adesso».

L’avvocato Francesco Mantella

L’avvocato di parte civile Francesco Mantella ha iniziato il suo intervento ricordando la testimonianza di una donna che conosceva Alika e che aveva detto in aula che con lei l’ambulante era sempre stato cortese e che non l’aveva mai importunata. «Questo – ha spiegato l’avvocato – per fugare il dubbio che qualcuno aveva voluto sollevare e adombrare sulla vittima come una persona insistente, molesta, fastidiosa. Si era limitato anche in quell’occasione (a luglio 2022) a chiedere l’elemosina per sbarcare il lunario».
Mantella, citando De Gregori, ha invece definito Ferlazzo un «“martire professionale”, è sempre stato un simulatore. È un ragazzo che sconta una serie di disagi, errori, forse sconta errori di altri, ma perché bisognerebbe concedergli le attenuanti generiche? Io ritengo non le meriti. La condizione, seppur disagiata del vissuto di Ferlazzo – ha aggiunto il legale – non è tale per cui lui si possa sentire giustificato col mondo di quello che fa. I familiari di Alika non hanno mai chiesto vendetta ma una pena giusta».

L’avvocato Roberta Bizzarri

È stata poi la volta dell’arringa dell’avvocato Bizzarri che ha esordito chiedendo la derubricazione del reato da omicidio volontario aggravato dai futili motivi in omicidio preterintenzionale. Ha poi chiesto l’assoluzione dal reato di rapina (per il cellulare che Ferlazzo aveva preso alla vittima), parlando di “inconveniente”: i due telefoni erano neri e sottili, quello di Alika era tre centimetri più alto, una differenza che per la difesa, nella concitazione del momento, era davvero difficile da notare (La Corte ha poi assolto Ferlazzo dal reato di rapina, ndr).
Il legale è poi passato a esaminare prima l’aspetto medico legale per poi passare a quello psichiatrico. Sull’aspetto medico legale l’avvocato Bizzarri ha contestato sia le conclusioni dell’autopsia eseguita dalla professionista De Vitis, sia le modalità con cui è stato eseguito l’accertamento il giorno dell’omicidio. Sulle cause della morte, il medico legale aveva indicato una “asfissia acuta e concomitante shock ipovolemico”. «Può Alika – ha chiesto alla Corte il legale – essere deceduto perché insieme è stato strozzato e gli è stata rotta la milza? Bene due concause, ma necessariamente una deve prevalere sull’altra». E per la difesa a prevalere sarebbe stata la seconda per diversi motivi: «Il rigor mortis inizia a manifestarsi dalle tre ore successive alla morte, ma nelle persone morte per asfissia arriva prima. La morte di Alika è circoscritta alle 15, il medico legale arriva alle 17, se è morto per asfissia deve aver raggiunto il rigor mortis, ma la dottoressa scrive che era malleabile. Dice che non vi erano fratture dell’osso del collo, che era integra la struttura vascolare e la struttura nervosa del collo, elementi necessari per la morte per asfissia. Tutte queste criticità – ha continuato l’avvocato Bizzarri – palesi nell’elaborato della dott.ssa De Vitis ho cercato di colmarle con la dott.ssa Alessia Romanelli che non ha partecipato all’autopsia ma è un teste qualificato, è dirigente di medicina legale di Fermo. L’intera colluttazione dura due minuti e 10 secondi, è vero Filippo prende il collo di Alika ma la presa non è continuativa. Filippo prende e lascia, lo colpisce 3 o 4 volte col telefono sul cranio ma non ha mantenuto la presa delle mani in modalità continuativa. Se lascia la presa, il soggetto riprende a respirare, magari male, ma si interrompe la fase asfittica. La scienza stabilisce che per morire di asfissia si impiegano 4 minuti su anziani e bambini, 6 in un soggetto sano. Alika era una persona sanissima, non era magrissimo, il collo era robusto, Filippo non aveva la facilità di cingere il collo e stringerlo». Per la difesa, dunque, la morte sarebbe stata provocata dalla rottura della milza: «Quando De Vitis dice che non trova il sangue c’è una spiegazione. La milza si è rotta in due tempi, presumibilmente si è rotta la parte interna della milza, non la capsula esterna che è poi esplosa successivamente per la pressione e l’emorragia è andata in circolo. Alika aveva cercato di divincolarsi, l’espandersi dell’emorragia porta allo svenimento, alla perdita dei sensi e poi al coma, ecco perché Alika non si muoveva. I medici sono arrivati dopo 40 minuti. De Vitis dice che è deceduto alle ore 15 (l’aggressione si era conclusa alle 14.12). Se vengo strozzata muoio nell’immediatezza non dopo tre quarti d’ora».  

Sui disturbi della personalità di Ferlazzo il legale ha poi evidenziato: «Ariatti (Renato Ariatti, lo psichiatra nominato dalla Corte per effettuare la perizia sull’imputato, Ndr) spiega che tra il vizio parziale e il vizio totale la differenza è poca, in Filippo rileva una capacità tra il lieve e il moderatamente scemata con un gradiente che può arrivare fino all’80%. Filippo i suoi problemi li ha e non sono neanche pochi e la Corte li deve valutare. È istrionico, teatrale, a volte inventa, ma quello che lui vede non è quello che vedo io o quello che vede una persona sana. Se Filippo fosse stato sano avrebbe capito che quell’azione era esagerata ma lui non lo può capire e non lo si può condannare per un omicidio volontario perché volontario non è. E poi, dove collocarlo? Sta male, vi chiedo di tenere a mente – ha poi continuato l’avvocato rivolgendosi alla Corte – la dichiarazione di Ariatti che vi leggo “in prospettiva si potrebbe ragionare su una collocazione in cui l’aspetto di cura sia un po’ più rappresentato rispetto all’aspetto sanzionatorio”». Ma per la Corte non sarebbero emersi indici di incompatibilità.

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