Macerata

Dante Alighieri, il figlio Jacopo e il legame con le Marche. Gli studiosi: «Attraversò i Sibillini»

Monaldi e Sorti sulle tracce del Sommo Poeta: «Una pergamena conservata a San Ginesio e una a Roma con le due di Fermo testimoniano le tracce del passaggio di Dante sui Sibillini e l’influsso su di lui del misticismo cistercense»

Monaldi e Sorti (foto per loro gentile concessione)

ANCONA – Nuovi documenti su Dante Alighieri e il figlio Jacopo: il Sommo Poeta avrebbe legami con le Marche. A scoprirli, sono stati gli scrittori Rita Monaldi e Francesco Sorti. Documenti e dettagli che potrebbero cambiare la biografia del padre della lingua italiana e la storica interpretazione della Divina Commedia.

Fondamentale il ritrovamento di quattro pergamene custodite tra le Marche e Roma. «I collegamenti di Dante e del figlio Jacopo con l’ambiente di Fiastra e dei Sibillini confermerebbero la recente interpretazione della Divina Commedia fornita da due notissimi dantisti delle università di Oxford e Cambridge, Simon Gilson e Zygmunt Baranski: il poeta sarebbe stato fortemente influenzato dal misticismo tipico della religiosità cistercense, assai più che dal razionalismo di San Tommaso e Aristotele, come invece da sempre si tende a ritenere», hanno spiegato Rita Monaldi e Francesco Sorti, qualche giorno fa, all’Ansa. La coppia ha recentemente pubblicato il libro ‘Dante di Shakespeare III. Come è duro calle‘ (edito da Solferino).

Rita Monaldi e Francesco Sorti

Tra l’altro, secondo loro, «non bisogna dimenticare che nei versi finali del Paradiso, ad accompagnare Dante davanti alla visione divina non è più Beatrice, ma il fondatore dei Cistercensi, san Bernardo di Chiaravalle. Che fondò anche il monastero di Fiastra», dicono i due autori di romanzi storici pubblicati in Italia da Solferino.

Monaldi, Sorti, di dove siete?

«Viviamo in Austria da ormai un quarto di secolo. Io sono romano – racconta Francesco – ma Rita è marchigiana, nata a Porto San Giorgio».

Quindi lei, Rita, è di qua…

«Sì, sono cresciuta a Pedaso fino alle scuole medie, poi ho frequentato il liceo classico a San Benedetto del Tronto, dove ho conseguito la maturità col massimo dei voti, e infine la laurea con lode in Lettere Classiche alla Sapienza di Roma».

Cosa vi piace della nostra regione?

«Amiamo sopra ogni cosa Matelica, in provincia di Macerata, e la sua patrona, coeva di Dante Alighieri: la beata “Matelda” (al secolo Mattia Nazzarei), badessa francescana, che abbiamo anche trasposto tra i personaggi del nostro ultimo libro, quando il Sommo Poeta peregrina tra i Monti Sibillini. Questa Matelda marchigiana fu la probabile co-ispiratrice della Matelda dantesca insieme a una sua omonima germanica, Matelda di Magdeburgo. Ne parliamo anche nelle Appendici storiche in calce al libro».

Come avete iniziato a studiare Dante e il suo legame con le Marche?

«Grazie al libro di uno studioso dello scorso secolo su Dante, la Sibilla e le Marche: Febo Allevi, nativo di San Ginesio, Macerata. È stato la Musa che ci ha offerto ricchi indizi del passaggio di Dante, specie nella zona dei Monti Sibillini. Da quel libro ormai introvabile, del quale abbiamo reperito una preziosa copia dedicata dall’autore al grande italianista Ignazio Baldelli, siamo partiti per le nostre ricerche».

Qual è l’ultima scoperta che avete fatto?

«Una pergamena conservata a San Ginesio e una a Roma che, insieme alle due pergamene scoperte a Fermo da Febo Allevi, non solo testimoniano le tracce del passaggio di Dante sui Sibillini ma offrono anche un nesso storico all’influsso che il misticismo cistercense, ben più del razionalismo domenicano, ebbe su Dante: un’ipotesi sostenuta con vigore da anni da dantisti di Oxford e Cambridge».

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