Macerata

Covid, la tentazione penale: «Attenzione a una probabile pandemia giudiziaria»

L'incontro è stato organizzato dall'Ordine degli avvocati di Macerata. Il procuratore di Ancona Sottani: «Dobbiamo pensare a una depenalizzazione che non significa che chi commette certi fatti sia privo di sanzioni ma che ci sono altri strumenti»

MACERATA – “Emergenza Covid, la tentazione penale”. Se ne è discusso ieri durante un incontro online organizzato dall’Ordine degli avvocati di Macerata, con il suo presidente Cristina Ottavianoni. Presenti il procuratore generale di Ancona Sergio Sottani, il docente Unimc di diritto penale Carlo Piergallini e Manuel Formica, dottore di ricerca in diritto penale di Unimc.

Il docente Unimc di diritto penale Carlo Piergallini

«Mi sono astenuto fino a oggi dal discorso Covid ma la prima cosa che voglio evidenziare è che questa pandemia ci ha completamente disorientato – ha esordito Piergallini -. Mi ha colpito poi il vuoto culturale di tutta la vicenda davanti a rischi che, ancora oggi non si conoscono e che hanno diviso la scienza. Non ci dobbiamo sorprendere che non ci sono risposte perché siamo ancora nel territorio della probabilità e della possibilità che sono, a loro volta, figlie dell’ignoranza e il rischio diventa quindi che le risposte che arrivano sono semplificate. Diffidiamo poi dall’idea che la scienza sia neutrale perché molto spesso è a servizio degli attori del “conflitto” mondiale e ci sono legami e interessi di tipo economico».

«Il virus ci ha preso di sorpresa e i morti ce lo ricordano – ha continuato il docente Unimc – e per questo motivo non possiamo dare oggi delle risposte perché ci viene imposto il distanziamento temporaneo perché, per sapere cosa ha funzionato e cosa no, abbiamo bisogno di tempo, pacatezza e cultura. Serve un approccio di grande umiltà e dobbiamo non farci prendere dalla paura perché quest’ultima ci guida inevitabilmente alla ricerca del colpevole, del capro espiatorio. Questo è un errore pericolosissimo».

«Oggi la parola “angeli” infatti inizia a scomparire e si reclama invece la giustizia con la conseguente responsabilità degli operatori sanitari o dei decisori politici – ha evidenziato Piergallini -. Come è possibile stabilire la colpa se ci sono già dei problemi di accertamento del nesso di causalità? Se mettiamo in moto questa macchina rischiamo inoltre un sovraccarico del sistema penale, una sorta di “pandemia giudiziaria” che potrebbe fare capolino e che sarebbe pericolosa. Il ricorso al penale penso sia frutto di una supponenza intellettuale perché si cerca di fare luce su fatti che, di per loro, sono oscuri e in tal senso la resa del diritto penale sarebbe bassa».

Cosa fare allora? «Mi auguro che questa tentazione penalistica receda – ha concluso il docente Unimc -. Credo che lo strumento migliore sia quello dell’amnistia che ha il vantaggio culturale di farci pensare al futuro».

Il procuratore generale di Ancona Sergio Sottani

«In questi mesi c’è stato un aumento spaventoso di norme con la mancanza, dall’altro lato, di certezze scientifiche, e in questo momento tutti noi credo siamo alle prese con due termini: immunità e comunità – le parole del procuratore Sottani -. Credo che non possiamo non partire da un dato fondamentale: l’esclusione della delega al sapere sanitario perché veniamo da giornate in cui abbiamo rimesso ai sanitari tutte le nostre difficili decisioni. Nulla sarà più come prima, questo è evidente, ma credo che dobbiamo andare nella direzione in cui il processo penale venga individuato come estrema ratio».

«Credo che il diritto penale per funzionare debba essere limitato a casi di estrema necessità e il processo penale deve essere uno strumento di garanzia essenziale. Come si dice, nel momento del reato bisogna avere attenzione alla vittima, nel momento del processo bisogna avere attenzione all’imputato – ha sottolineato il procuratore di Ancona -. A me l’amnistia non piace, a me piace credere che possiamo migliorare per non tornare come prima e quindi dobbiamo pensare a una depenalizzazione che non significa che chi commette certi fatti sia privo di sanzioni, ma che ci sono altri strumenti. Non si può trovare nel carcere l’unica risposta».

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