Macerata

Covid Hospital di Civitanova, non si placa la polemica. Acquaroli: «Una forzatura politica»

Nella giornata che anticipa l'attivazione della struttura temporanea, il deputato di Fratelli d'Italia solleva le sue perplessità sull'utilità della maxi terapia nel quadro della situazione attuale. Dubbi mossi anche dal segretario di Fp Cgil Pintucci

Il sopralluogo del presidente Ceriscioli con Guido Bertolaso al covid hospital

ANCONA – Il Covid Hospital? «Una forzatura politica». Ne è convinto il deputato marchigiano di Fratelli d’Italia Francesco Acquaroli, candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Marche.
Nella giornata che anticipa l’attivazione della struttura temporanea realizzata all’Ente Fiera di Civitanova Marche dall’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso, con l’arrivo dei primi pazienti, il deputato osserva che il quadro iniziale da quando è arrivato il via libera dalla giunta regionale alla maxi terapia intensiva, il 3 aprile scorso, «è completamente mutato». «In quel periodo con un numero di ricoveri rilevante, era importante avere una struttura dove concentrare i malati per togliere la promiscuità negli ospedali, ma ora che i contagi si sono fortunatamente ridotti, così come il numero dei degenti, non ci sono più le condizioni per far partire la struttura. Inoltre all’epoca non era partita la medicina territoriale che, grazie alle Usca, gestiscono i malati a domicilio riducendo all’osso i ricoveri».

Francesco Acquaroli
Francesco Acquaroli, deputato e candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Marche

Insomma, secondo Acquaroli «l’approccio alla malattia è completamente cambiato, per questo non si può più pensare a concentrare i pazienti al Covid Hospital di Civitanova Marche per ripulire gli altri ospedali. Piuttosto che attivare la struttura era più opportuno lasciarla in standby nell’ipotesi di una seconda ondata. L’atteggiamento della Regione appare più giustificato da questioni politiche che sanitarie, una forzatura».
Oltretutto il deputato sottolinea la presa di posizione dei medici anestesisti e rianimatori che si sono sollevati sulla questione del personale che verrà impiegato nella struttura, innalzando un muro. Infine, evidenzia che la maxi terapia verrà smantellata con soldi pubblici e perdendo tutta l’impiantistica realizzata, «uno spreco enorme visto che le risorse potevano essere investite in una struttura non temporanea».

Oriano Mercante, segretario regionale Anaao Assomed

Intanto è arrivato l’ordine di servizio per gli anestesisti che da domani dovranno prendere servizio a Civitanova. Una notizia che ha suscitato le ire di Anaao Assomed il sindacato dei medici e dirigenti sanitari che da oltre un mese aveva anticipato l’epilogo della vicenda. «Contestiamo la modalità di risolvere con un atto di forza una questione che solleva a catena altri problemi – commenta il segretario regionale di Anaao Assomed Oriano Mercante – , a partire dal fatto che i reparti di provenienza dei colleghi precettati, restano inevitabilmente sguarniti in un momento in cui, passata l’emergenza, si sta cercando di riprogrammare tutte quelle prestazioni rinviate per far fronte al Covid». «E’ chiaro – conclude – che gli ordini di servizio non possono essere discussi ma eseguiti ma che come Anaao verificheremo i profili di legittimità di tale provvedimento data l’evidente mancanza dello stato di necessità, urgenza e gravità».

Matteo Pintucci, segretario regionale Fp Cgil
Matteo Pintucci, segretario regionale Fp Cgil

Forti perplessità sull’opportunità di attivare la struttura arrivano anche dal segretario regionale di Fp Cgil Matteo Pintucci che evidenzia come «la spesa al momento non ha una utilità a meno che non si abbia una nuova ondata di contagi che tutti dobbiamo augurarci non avvenga». Pintucci esprime dubbi sull’ipotesi di trasferire i pazienti dalle terapie intensive degli ospedali marchigiani al Covid Hospital dell’Ente Fiera che «se sulla carta potrebbe avere un senso logico, ripulendo le altre strutture ospedaliere, ma il problema è che saranno pochi i familiari disponibili a spostare un loro familiare già in cura in un ospedale per trasferirlo in una altra sede». Altro nodo quello dei professionisti «molti dei quali verranno precettati con il rischio di indebolire le terapie intensive degli altri ospedali».

Al coro di no si unisce anche Claudio Maffei, dirigente sanitario in pensione, che fin da subito si era espresso criticamente nei confronti della struttura valutando poco opportuna la realizzazione di una terapia intensiva al di fuori di un’ospedale, «una soluzione estrema da adottare solo se non ci sono altre possibilità». Secondo Maffei «si poteva tentare in modo diverso, aumentando i posti letto negli ospedali “veri”, ma poi l’epidemia ha modificato il suo andamento e di questa struttura non c’è stato più bisogno per fronteggiare l’evoluzione dei casi. Ora l’ipotesi di usarla per svuotare gli ospedali dei pochi pazienti rimasti non mi convince, perché se sono gravi è meglio che restino nelle strutture dove sono già ricoverati, mentre se non sono sono gravi non vanno in una terapia intensiva».

Inoltre secondo Maffei soluzioni di questo genere si erano già rivelate «un flop clamoroso come nel caso di Milano e Londra». Insomma, «c’erano già dei precedenti che facevano capire che soluzioni di questo genere avrebbero mostrato tutte le loro difficoltà. Inoltre si è andati avanti senza il coinvolgimento degli operatori che ovviamente – conclude – non hanno dato la loro disponibilità».

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