Macerata

Covid-19, il medico di Fermo guarito: «Nessuno è immune; vorrei correre ad aiutare i colleghi»

È stato contagiato e ce l'ha fatta. A raccontare la sua esperienza con la malattia e la difficile battaglia vissuta giorno dopo giorno contro il coronavirus è il dottor Guido Cocci, 33 anni, geriatra all’ospedale di San Marino

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FERMO – «Devo rimanere a casa e non posso stare in ospedale ad aiutare i colleghi; questa è la cosa che mi dispiace maggiormente». A parlare è il dottor Guido Cocci, 33 anni, medico specializzato in geriatria, originario di Fermo che vive e lavora all’ospedale di San Marino nel reparto di Medicina Interna. Il professionista è stato dimesso dall’ospedale il 19 marzo dopo essere stato contagiato dal Covid-19.

«La febbre alta è iniziata il 2 marzo; avevo perennemente una temperatura di 39 e 40 gradi e non c’era modo di farla scendere – racconta -. Dato il mio lavoro, ogni anno faccio il vaccino per l’influenza e quindi sin dall’inizio avevo escluso potesse trattarsi della classica febbre stagionale anche se, sono sincero, non avevo pensato al coronavirus».

«Sono quindi rimasto a casa sperando che con i medicinali la febbre potesse passare ma non succedeva nulla – spiega -. A quel punto ho deciso di sottopormi al tampone e l’esito è stato negativo. Dopo dieci giorni però, quando la febbre ancora non scendeva e sono iniziati anche i primi sintomi respiratori, come il respiro corto e l’affanno, ho deciso di sottopormi a una tac e mi è stata confermata la presenza di una polmonite bilaterale interstiziale. A quel punto mi hanno sottoposto a un altro tampone che però, nuovamente, è risultato negativo. Sono subito stato ricoverato perché i miei valori si erano abbassati molto e a quel punto, nonostante il secondo falso negativo, ho compreso che potesse trattarsi di coronavirus».

«Mi hanno ricoverato in un reparto Covid e ho iniziato la cura con i farmaci antiretrovirali e antimalarici che mi hanno dato anche degli effetti collaterali come nausea e vomito; subito dopo il ricovero è iniziata anche la tosse perenne tanto che, quando chiamavo i miei familiari al telefono, riuscivo a parlare pochissimo – racconta il professionista -. Per i primi quattro giorni mi hanno anche dato il supporto di ossigeno ma poiché non rispondevo alle terapie hanno iniziato con il cortisone e da quel momento sono cominciati i primi miglioramenti».

«Vi posso assicurare che la permanenza in reparto, dove si è completamente isolati nella propria stanza con una miriade di pensieri, non è facile ma per chi si trova in prima linea a combattere questa emergenza è tutto molto più difficile – osserva il dottor Cocci -. Fortunatamente dopo qualche giorno c’è stata una lenta e graduale ripresa e quindi mi hanno dimesso».

«Come ci si sente in quei momenti? Devo ammettere, forse anche perché sono un medico, che non avevo una grande percezione di gravità e delle volte sembravo più tranquillo io dei colleghi che mi venivano a visitare. Sapevo di essere in gravi condizioni ma ho pensato positivo; ciò che è certo è che questo mi ha fatto capire quanto sia importante sensibilizzare i giovani sull’emergenza. Il Covid-19 colpisce tutti, indistintamente e con la stessa frequenza ed essendo un virus nuovo, che non conosciamo, non possiamo sapere come reagisce sul nostro organismo. Certo è che le persone anziane sono maggiormente soggette a un aggravamento di un quadro clinico preesistente con la comparsa del virus ma questo non significa che le persone giovani sono immuni dal Covid-19».

«Sono stato sottoposto a un esame sierologico e non ho più il virus e ho anche sviluppato l’immunità ma questo non vuol dire che gli anticorpi si manterranno nel tempo; purtroppo è qualcosa che, al momento, non si può sapere – conclude -. Quello che ovviamente mi dispiace è che devo mantenere un periodo di isolamento quando in realtà vorrei essere in ospedale ad aiutare i miei colleghi in questa battaglia».

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