Macerata

Civitanova, si ribalta con la Panda, tasso di alcol tre volte il limite: assolta

Prima di essere sottoposta all'alcoltest non era stata avvertita della possibilità di farsi assistere da un avvocato. L'atto, così, non è utilizzabile

Il tribunale di Macerata

CIVITANOVA – Tornava da un pranzo con amici quando aveva perso il controllo dell’auto, una Fiat Panda, era uscita fuori strada e si era ribaltata. Era un pomeriggio d’agosto di quattro anni fa. Arrivarono i soccorsi e le forze dell’ordine. La donna che era alla guida, una 52enne di Montecosaro fortunatamente rimasta illesa, era stata sottoposta ad alcoltest che non solo aveva dato esito positivo ma il tasso alcolemico risultato oscillava tra l’1,56 e l’1,51 grammi di alcool per litro di sangue, ovvero tre volte il limite consentito, ovvero terza soglia, quella più grave, che prevede anche la confisca obbligatoria del veicolo.

L’avvocato Tiziano Luzi

E questo era quello che era avvenuto: per la 52enne era scattata la denuncia, la patente era stata ritirata e l’auto confiscata. Finì quindi sotto processo per guida in stato di ebbrezza poi ieri (24 novembre) la sentenza in Tribunale: assolta con la formula “perché il fatto non sussiste”. Il motivo? Il verbale non è utilizzabile, chi l’ha sottoposta ad alcoltest non l’aveva preventivamente avvisata che poteva farsi assistere da un difensore di fiducia. Prima che il giudice del Tribunale di Macerata si ritirasse in camera di consiglio per decidere sul caso, il pubblico ministero Raffaela Zuccarini aveva chiesto la condanna, i legali della donna, gli avvocati Tiziano Luzi e Siria Carella, invece avevano eccepito proprio la nullità del verbale: l’alcoltest, in quanto atto irripetibile, dev’essere anticipato dall’avviso che chi è invitato a sottoporsi al controllo ha la facoltà di essere assistito da un legale.

L’avvocato Siria Carella

Per l’accusa questo era avvenuto, così come risulta a verbale, ma per la difesa il verbale è solo un modulo prestampato in cui non è indicato se l’avviso sia stato fatto prima o dopo. Al contrario, i testimoni della difesa, il marito e un amico avevano riferito che la donna non era stata avvisata, nel corso del processo erano stati sentiti anche i verbalizzanti, ma non erano stati precisi sul punto non ricordando il fatto specifico (che risaliva all’agosto del 2017). All’esito dell’istruttoria dibattimentale, dunque, i legali hanno evidenziato che non era stata raggiunta la prova che l’avvertimento fosse stato fatto prima, al contrario i testimoni avevano dichiarato esattamente il contrario e per questo motivo quell’atto non era utilizzabile. Il giudice, condividendo la ricostruzione della difesa, ha assolto l’imputata con la formula “perché il fatto non sussiste”.

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