Macerata

Civitanova, giovane mamma muore dopo un calvario lungo 5 anni

Alle prime ore di oggi si è fermato il cuore di Rosa Castro, 39enne dominicana diventata tetraplegica nel 2016 dopo la nascita del primo figlio. Per quei fatti sono in corso due procedimenti, uno penale e uno civile. La procura ha disposto l'autopsia

Rosa Castro

MACERATA – La vita di Rosa Orlandy Castro Almonte, 40 anni da compiere ad agosto, si era fermata il 10 maggio del 2016 nella sala parto dell’ospedale di Civitanova, quando dopo aver dato alla luce il suo primogenito era diventata tetraplegica. Aveva perso la vista ad un occhio, mentre con l’altro riusciva a distinguere solo ombre, non aveva sensibilità tattile, non sentiva i sapori (per diverso tempo a causa dell’assenza di riflesso della glottide era stata alimentata con il sondino gastrico) e non articolava le parole, forse credeva di riuscire a farlo ma quelli che uscivano attraverso le sue labbra erano solo suoni. L’unico senso che le era rimasto era l’udito.

Questa mattina in quello stesso ospedale si è fermato l’ultimo respiro che la teneva ancora legata a quel bambino di quasi cinque anni di cui non è mai riuscita a vederne il viso. È sceso così il sipario sulla tragedia che ha sconvolto la vita di una famiglia di origine dominicana che vive a Porto Recanati. E dopo la notizia del decesso il pubblico ministero di turno, Claudio Rastrelli, ha disposto l’autopsia per cristallizzare le cause della morte della 39enne.

Rosa Castro

Rosa Orlandy Castro Almonte era partita insieme al marito da Santo Domingo con il figlio in grembo, destinazione la Spagna, dove a lei era stato rilasciato un permesso di soggiorno. Poi la coppia si era diretta in Italia a Porto Recanati per raggiungere la zia di Rosa che da anni vive in un appartamento all’Hotel House. La sera del 10 maggio 2016 Rosa raggiunse l’ospedale di Civitanova per un parto cesareo d’urgenza, fu sottoposta ad anestesia totale ma la neomamma ebbe una carenza di ossigeno causata da un rigurgito finito nelle vie respiratorie. Il blackout e da quel momento i sogni e i progetti della 34enne, insieme a tutta la sua vita, rimasero sospesi in un limbo.

Dopo l’accaduto il direttore generale dell’ospedale presentò un esposto in procura per chiedere che venisse fatta luce sul fatto. Anche i familiari si mossero nella stessa direzione. Rosa, giuridicamente, non era più capace di intendere né di volere, sua zia ne divenne curatore speciale e tramite gli avvocati Andrea Di Buono e Lucia Iannino presentò una querela. Il pubblico ministero Rosanna Buccini aprì un fascicolo e al termine degli accertamenti del caso dispose la citazione diretta a giudizio per lesioni personali colpose gravissime nei confronti dell’anestesista che praticò l’anestesia all’allora 34enne.

Secondo il pubblico ministero la dottoressa avrebbe compiuto più azioni sbagliate, tra tutte la decisione di praticare un’anestesia generale giudicata rischiosa dal momento che la partoriente non era digiuna. Ci sarebbe stato poi un errore nell’inserimento del tubo orotracheale (nell’esofago anziché in trachea), la giovane ebbe un vomito copioso e in quelle condizioni non fu ventilata per vari minuti con una conseguente assenza di afflusso di ossigeno a livello cerebrale. La mancata ossigenazione del cervello provocò alla giovane dominicana una grave compromissione della funzione neurologica con «uno stato di malattia certamente insanabile – evidenziò il pubblico ministero – per la irreversibilità di alcune delle funzioni del sistema nervoso centrale».

Gli avvocati Lucia Iannino e Andrea Di Buono

Il processo di primo grado a carico dell’anestesista è ancora in corso (di mezzo ci sono stati anche il terremoto e il Covid che hanno determinato un allungamento dei tempi) e oggi per un indecifrabile sincronismo del destino, Rosa è morta nel giorno in cui l’anestesista avrebbe dovuto rendere spontanee dichiarazioni. L’udienza fissata per questa mattina in tribunale a Macerata è stata però rinviata per un legittimo impedimento del difensore al prossimo 25 novembre. In questo procedimento i familiari non si sono costituiti parte civile, «abbiamo preferito richiedere un accertamento tecnico preventivo in sede civile – hanno spiegato i legali Di Buono e Iannino – per raggiungere la prova prima in modo da evitare lungaggini. La legge Gelli-Bianco prevede che questo giudizio si chiuda in sei mesi, sono passati due anni». Nell’ultima udienza pre-Covid a dicembre 2019 i legali chiesero «una provvisionale per far fronte alle spese mediche – hanno spiegato – per portarla in una struttura dove le avrebbero fatto fare una serie di attività che le avrebbero potuto dare un minimo di giovamento ma il giudice ce lo ha negato». La prossima udienza in sede civile si terrà a luglio di quest’anno.

Rosa, dopo il coma, era stata trasferita al Santo Stefano di Potenza Picena dove rimase per circa un anno poi, non riuscendo a pagare le rette, fu trasportata all’hospice di Recanati dove è rimasta fino a una ventina di giorni fa. Da lì era stata ricoverata all’ospedale di Civitanova per essere sottoposta a un intervento di routine (un’occlusione intestinale), ma da giovedì le sue condizioni si erano aggravate e oggi il suo cuore ha smesso di battere. Dopo l’autopsia (il giorno e l’orario devono essere ancora fissati) il corpo sarà restituito ai familiari per consentire di celebrare il rito funebre. Le spese del funerale saranno sostenute dal Comune di Civitanova. «Rosa era qui ma era come se non esistesse – ha spiegato l’avvocato Di Buono –, il permesso di soggiorno ottenuto in Spagna le era scaduto quando era in coma e con la sua morte si era creato il problema di dove seppellirla e con quali soldi».

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