Macerata

Carabinieri nel centro massaggi a luci rosse aggrediti e calunniati

Nei guai tre cinesi, la titolare e la dipendente di un'attività a Civitanova e un connazionale interprete. Due di loro sono al momento irreperibili

MACERATA – I militari tornano per la seconda volta nel centro massaggi a luci rosse e vengono aggrediti fisicamente e verbalmente. Ma non solo.

Ieri mattina in Tribunale a Macerata davanti al gup Claudio Bonifazi e al pubblico ministero Stefania Ciccioli si è svolta l’udienza preliminare a carico di tre cinesi, due donne, X.C., 43 anni, titolare di un centro massaggi a Civitanova, X.Z., 51 anni, dipendente che, secondo l’accusa – il fascicolo è del pubblico ministero Enrico Riccioni –, all’interno del centro, oltre ai massaggi tradizionali, su richiesta si prestava anche a rapporti sessuali a pagamento, e J.H., 42enne che lavora come interprete. Tutti e tre sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale, mentre solo la titolare deve rispondere anche di favoreggiamento della prostituzione, calunnia e di non aver ottemperato al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale emesso dal Nucleo carabinieri ispettorato del lavoro al momento del primo accesso.

Il primo controllo, infatti, risale al 22 aprile del 2016. I carabinieri dell’ispettorato del lavoro si erano presentati al centro massaggi per dei controlli di routine e durante gli accertamenti avevano appurato che all’interno del centro una dipendente svolgeva l’attività di meretricio e che era stato impiegato personale che non risultava nella documentazione obbligatoria. A seguito di queste irregolarità era stato emesso un provvedimento di sospensione dell’attività, ma dopo cinque giorni i militari erano tornati per accertare il rispetto della sospensione.

L’avvocato Jacopo Allegri

Contrariamente a quanto prescritto il centro massaggi era aperto e funzionante, così i militari erano rientrati per accertare quanto stava accadendo. A quel punto, secondo l’accusa, i tre cinesi avrebbero aggredito i militari sia fisicamente sia pronunciando nei loro confronti frasi intimidatorie. Ma la vicenda ha poi preso un’ulteriore piega. La titolare si era recata in commissariato per denunciare alla polizia i carabinieri per il reato di concussione. Si era inventata che i militari dopo aver sottratto i documenti suoi e della dipendente, le avrebbero detto che li avrebbero restituiti solo in cambio o di una prestazione sessuale gratuita o del pagamento di 500 euro. Una menzogna che le è costata anche l’accusa di calunnia.

Nel frattempo però le due donne si sono rese irreperibili e il giudice ieri ha sospeso il procedimento a loro carico rinviando l’udienza a dicembre del prossimo anno. Per quanto riguarda invece la posizione dell’interprete – l’uomo è difeso dall’avvocato Jacopo Allegri – accusato del solo reato di resistenza a pubblico ufficiale, il gup ha disposto la trasmissione degli atti in procura per la formulazione della citazione diretta a giudizio dal momento che quel reato, scollegato dagli altri del procedimento, non è di competenza del giudice dell’udienza preliminare.

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