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Pellet sì, pellet no

Il dibattito su questo biocombustibile, alternativo al gas, è oggi molto acceso. Ecco un approfondimento che ne analizza in breve alcuni pro e contro

Il pellet è un biocombustibile sempre più in voga grazie al suo basso impatto ambientale e al risparmio economico. Si tratta di piccoli cilindri di segatura compressa essiccata, fonte di energia ecosostenibile e pulita, esito degli scarti di produzione del legno.

Le stufe a pellet sono piuttosto “giovani”: nate nei primi anni ’30, solo negli anni ’70 hanno raggiunto il loro apice, in seguito alla crisi energetica mondiale e alla ricerca di fonti alternative. Oggi hanno alle spalle ben quarant’anni di sperimentazione, anche se in Italia sono “uscite dall’underground” solo da circa una decina di anni, conquistando una maggiore diffusione nelle case degli italiani.

Il pellet può essere sfruttato come risorsa in modi diversi. La soluzione più diffusa è la stufa, che non è collegata all’impianto termoidraulico e fornisce solo riscaldamento. Esistono però anche le termostufe, che concedono un “bonus”: producono anche acqua calda, sebbene sia necessario installare un serbatoio d’accumulo. Altro caso è quello delle caldaie: anch’esse collegate all’impianto termoidraulico, devono però essere montate in un locale apposito.

Ma quali sono vantaggi e svantaggi del pellet? Ecco lista di pro e contro dell’alternativa a gas e metano.

I vantaggi: perché scegliere il pellet
– Provoca minori emissioni di polveri, zolfo e anidride carbonica, se confrontato ai tradizionali impianti a gas. Diverso è anche l’impatto sulla salute: basta pensare che il 90% delle sostanze emesse dalla tradizionale stufa a legna è costituito da composti carboniosi.

– A parità di quantità, il pellet produce più calore della legna. Indice di riferimento è il fattore di emissione di particolato, più basso dei biocombustibili in legno.

– Il pellet come materiale ha più bassi costi di combustione rispetto al gas e al riscaldamento centralizzato, con un risparmio che può variare sulla bolletta tra i 300 e i 1000 euro. Tuttavia, una stufa in pellet non risulta molto economica, sia per il costo dei suoi componenti che per il fatto di necessitare di corrente elettrica. Inoltre, tra il 2018 e il 2019 il prezzo del pellet in Italia sembra essersi innalzato, in seguito all’esponenziale aumento dei consumi, non eguagliabile alla capacità d’adeguamento degli impianti di produzione. Non bisogna però creare un eccesso di allarmismo: tale dato influisce più sui grandi consumatori mondiali che sui nostri riscaldamenti domestici.

– Esistono delle agevolazioni sulle stufe a pellet: si tratta del celebre “ecobonus”, una detrazione Irpef del 50% in 10 anni. Al 50% minimo anche il Conto Termico, alternativo all’Ecobonus: consiste in un contributo diretto (concesso dopo circa 2 mesi dalla richiesta) che copre fino a un massimo del 65% della spesa fatta per installare un impianto in pellet in sostituzione del precedente impianto a gasolio, carbone o legna. Questo però non vale per tutte le stufe, ma solo per quelle che possiedono la Dichiarazione di conformità al conto termico, che attesti l’alto standard di qualità.

– Le stufe a pellet ad alto standard sono silenziose e non si surriscaldano: una specifica funzione chiamata “no-air”, insieme alla tecnologia still, permette a questi riscaldamenti di non provocare inquinamento acustico. Sono presenti infatti degli appositi ventilatori che si spengono automaticamente, anche per evitare che la stufa si surriscaldi. O, in alternativa alla ventilazione, si opta per irragiamento (attraverso onde elettromagnetiche) e convezione (con moti interni di circolazione).
Anche in tal caso però la qualità della stufa è importante: i modelli più economici non sono così silenti, soprattutto nel momento della combustione, quando il pellet cade nel fuoco.

Gli svantaggi: a cosa si deve stare attenti
La stufa a pellet ha comunque bisogno di corrente elettrica per funzionare, non basta il combustibile per farla accendere ed emettere calore. Questa dipendenza dall’elettricità può generare uno spiacevole inconveniente qualora la corrente s’interrompa all’improvviso: la stufa si ferma e fa fuoriuscire il fumo dal braciere.

– Dove mettere i sacchi di riserva? I sacchi in pellet possono anche essere ingombranti: ciascuno pesa in media 15 kg e c’è bisogno di trovare uno spazio chiuso di deposito per riporli e conservarne una piccola scorta. Se si rimane sprovvisti del combustibile infatti, non si ha altro modo per accendere una stufa a pellet.

– Una pratica regolare a cui bisogna pensare è svuotare la cenere e pulire il vetro, un tipo di manutenzione giornaliera, soprattutto nei mesi più freddi. È anche vero però che le ceneri non vanno buttate: possono rivelarsi un utile fertilizzante per le nostre piante.

– Sul fronte manutenzione, inoltre, occorre periodicamente ripulire anche tubi e canna fumaria. Ogni due mesi circa può essere sufficiente.

– A proposito di canna fumaria, potrebbe essere costoso e impegnativo dover predisporre il proprio appartamento per creare un camino, qualora non ce l’abbia già. È anche vero che le stufe a pellet possono funzionare anche senza canna fumaria, giustapponendole a una parete e facendo scaricare il fumo all’esterno. Tuttavia, questa soluzione può risultare antiestetica e soprattutto rischia di non essere a norma sul piano edilizio e sanitario.

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